BATTLE BEAST: Battle Beast
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21/06/2013I Battle Beast sono una giovane band proveniente dalla Finlandia autrice lo scorso anno di un debut album, 'Steel', in cui pur senza inventare niente di eclatante dimostrarono comunque di aver piuttosto ben assimilato la lezione impartita da mostri sacri come Accept, Judas Priest unite ad una componente epica di emanazione di band come Running Wild e Manowar. A distanza di un anno da questo fortunato debutto i nostri tornano alla carica con un nuovo lavoro auto-intitolato in cui si registra l'avvicendamento della vocalist Nitta Valo con l'ingresso di Noora Louhimo, autrice di una prova davvero superba, mostrando una personalità quasi unica, da vera guerriera, veramente a suo agio nell'esprimersi su registri differenti: a volte con toni delicati, molto più spesso graffianti e grintosi alla Doro Pesch/Sabina Classen, per non dire schizzati quando il contesto lo richiede, in particolare quando aggredisce con forza disumana gli irrefrenabili refrain. I toni enfatici che caratterizzavano il precedente lavoro vengono in questa occasione in parte accantonati con la manifesta intenzione di sviluppare maggiormente la componente heavy senza mai perdere di vista una delle caratteristiche basilari che è la melodia: gli Accept e gli Wasp fanno più volte capolino e l'uso delle tastiere e dei synth riesce ad ornare con un bel tocco di modernità (unita ad un pizzico di "tamarraggine" che non guasta mai), brani che si presentano di per sè già stracolmi di carica emotiva, così incredibilmente trascinanti e accattivanti con le chitarre della coppia Juuso Soinio e Anton Kabanen (che fornisce anche un'apprezzabile opera di apporto come backing vocals), utilizzate a mo' di mannaie pronte per mietere vittime con ritmiche che si manifestano spesso serrate e solos davvero fulminanti e di ottimo spessore tecnico già a partire dall'iniziale riff esplosivo dell'opener "Let It Roar" con le tastiere in sottofondo pronte a dettare il ritmo, ma riescono a colpire nel segno quando si presentano più "rilassate" come ad esempio in "Into The Heart Of Danger". Unico aspetto da rivedere è, come spesso si denota quando si è alle prese con dischi di questo genere, una certa latenza di originalità, ma non pare il caso di girare il coltello nella piaga visto che in pratica tutti i brani, composti, suonati in maniera fluida e interpretati in maniera magistrale hanno le carte in regola per rimanere nel cuore non solo dei defenders più "talebani".
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