DEMONS & WIZARDS: III
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03/03/2020La scorsa estate si sono rivisti per una serie di date dal vivo i Demons and Wizards, che altro non sono se non il risultato della collaborazione fra Hansi Kürsch dei Blind Guardian e Jon Schaffer degli Iced Earth. Ora, quindici anni dopo la precedente pubblicazione, ritornano con un terzo lavoro in studio. Si parte con il piglio giusto: la lunga "Diabolic" sembra riportarci ai fasti del loro primo e piu riuscito lavoro, ne ricorda piuttosto evidentemente proprio l´esordio, con il suo incedere a tratti tellurico intervallato da passaggi piu meditati. Ma già dalla seconda traccia ci si ritrova delusi: uno dei pezzi piu banali della loro discografia, un mid tempo molle che anticipa i problemi di questo lavoro, ovverossia un riffing troppo monotono, aggravato da una esasperante mancanza di variazione per quanto riguarda il tempo. La terza traccia sembra piu promettente ma, pur facendosi preferire alla precedente, nel complesso risente degli stessi difetti, cosi come la quarta segna nuovamente un passo indietro. Arriviamo allora a "Timeless Spirit" che, con i suoi nove minuti, riesce per merito di una struttura piu ambiziosa, a superare le criticità del lavoro ed a risultare piu convincente. La seconda metà del lavoro non fa che confermare le impressioni iniziali. "Dark Side Of Her Majesty" e soprattutto "Split" con (finalmente) un po' piu di dinamismo, si fanno preferire alle tre tracce nel mezzo, che sono un vero quarto d'ora di sofferenza per i motivi già citati. Si arriva quindi alla conclusiva "Children Of Cain" che, con i suoi dieci minuti, conferma anch' essa la sensazione che la monotonia del lavoro di chitarra e la scelta costante di mid tempos che caratterizzano questa pubblicazione sono sostenibili solo di fronte a pezzi la cui complessità strutturale compensi queste mancanze. Nel complesso un lavoro deludente, data la fama dei protagonisti, ancorchè non del tutto disprezzabile. Quattro, cinque tracce delle undici qui presenti avrebbero potuto tranquillamente essere estromesse con giovamento per il lavoro nel suo complesso che, raggiungendo nella sua forma presente i sessantaquattro minuti di durata, sarebbe stato ugualmente plausibile come full lenght. Una band indubbiamente talentuosa, ma che qui appare stanca e a corto di idee
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