BATHORY: Destroyer Of Worlds
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19/05/2009Siamo agli inizi degli anni ’80 e in principio furono i Venom, furioso ibrido di speed e thrash che all’epoca, soltanto per volere del chitarrista Jeff “Mantas” in un’intervista, fu denominato black metal. Seguì il genio di Quorthon, che dall’84 all’87, ridefinì il genere, portandolo allo status primordiale che oggi tanto si cerca di raggiungere. Ha navigato per lidi thrash metal, ma soprattutto ha anticipato l’ormai saturo mercato del viking. Questo disco però, non rientra in nessuno dei tre casi / generi: terz’ultimo disco in studio per Quorthon, che compone e suona da sé (e non è una novità) e ci porta ad esplorare la sua ennesima sperimentazione, il suo ennesimo gioiello. Il disco comincia già pregno di epicità, con un semplice arpeggio e dei lievi cori in sottofondo. Non è che l’anticipazione di una lunga apocalisse, di un brano che si protrae per circa sei minuti, abbandonandosi ad un facile tappeto ritmico, con la voce pulita del Nostro, a scandire un testo in parte visionario, anche se a tratti contro la religione (sempre tenendo conto che quelli erano altri tempi, ovviamente). Credo non ci sia niente di più stupendo dei testi di questo artista, sopratutto nella sua personale visione del concetto di "estremo", palese in brani come la titletrack, in cui la magnificenza lirica si fa altissima ("Ho imbrigliato le stelle, ora slegate sulla terra, sono la Morte, Distruttrice dei Mondi") dandoci non pochi dubbi se questo lavoro sia o meno un concept sulla morte. Cascate di riff ("Ode"), si susseguono a sfuriate thrash, e "Bleeding", assieme a "109" rappresentano la pura malvagità. La voce sgraziata, diciamo volutamente stonata di Quorthon, rende sia i brani che il disco intero, ancor più affascinante. Da qui in poi, l’atmosfera si riscalda ancora di più: lo sottolinea sia la musica, più pesante, che i testi. Esempio chiaro è la già citata "109" dedicata addirittura al caccia tedesco, il famoso Messerschmitt; oppure la seguente "Death From Above", altro pesante riferimento alla Seconda Guerra Mondiale. Quorthon sapeva come caricare l’ascoltatore con la sua musica, farlo meravigliare, catturarlo. Brani dalla struttura alla fin fine semplice, ma pur sempre dotati di una ritmica spaccaossa e assolutamente evergreen. 'Destroyer Of Worlds' emoziona, la chiusura lo dimostra: "White Bones", lo urla e impone la sua bellezza. Bellezza riscontrabile in continui cambi di tempo, cori, distorsioni dannatamente retrò, ed un atmosfera che puzza solamente di infernale maestria.
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