ALICE IN CHAINS: Rainier Fog
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06/10/2018Ammetto di essere sfacciatamente fazioso quando si parla di Alice In Chains, ma cercherò di rimanere obbiettivo. Dopo le dolorose dipartite dell’insostituibile Layne Staley e del compianto Mike Starr, ho sperato, eD infine gioito per il ritorno di una band troppo talentuosa e sfortunata per meritare di finire nell’oblio. Nel tempo ho poi apprezzato il lavoro svolto dal William DuVall, bravo e umile nel prendersi senza alcun protagonismo lo scomodo ruolo di frontman, mentre il mondo intorno continuava a fare paragoni con un ingombrante passato e a dire “eh, ma quando c’era Layne…”. Layne non c’è più, purtroppo. Prendiamone finalmente atto e godiamoci la seconda vita di questa fantastica band. 'Rainier Fog' (titolo ispirato al monte situato a pochi chilometri da Seattle), è prodotto da Nick Raskulinecz (celebre per aver già lavorato con Foo Fighters, Korn, Ghost e tantissimi altri), e non delude le aspettative. Suona esattamente come ci si aspetta che debba suonare un disco degli Alice In Chains: cupo, intenso, triste, con le caratteristiche armonizzazioni vocali, la sezione ritmica granitica, e nei testi i tanti riferimenti ai dolori presenti e passati. L’album non ha cedimenti ed è difficile scegliere le canzoni migliori, ma pezzi come la opener “The One You Know”, “Fly”, “Maybe”, o la toccante ballata finale “All I am” potrebbero diventare dei classici del repertorio della band.
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