ALICE COOPER: DIRTY DIAMONDS
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03/08/2005Torna lo zio Alice. A 57 anni suonati, sforna un album con il quale dimostra di fregarsene completamente (o quasi) dei dati di vendita, del successo, dello show business. Perchè, onestamente, chi può comprare un cd che suona esattamente come un disco dei primi anni '70, sia come composizioni che come produzione (!), nel 2005? Credo - mi piacerebbe sbagliarmi, ma credo - solo i fan più accaniti (come me, ad esempio). Dodici tracce di purissimo rock anni '70, in pieno stile Alice Cooper, vicinissime al primo successo dell'eclettico artista di Detroit, quel "Love It To Death" che lo lanciò (insieme alla sua band) nell'olimpo dell'Hard Rock. Un ritorno alle origini, insomma, che se da un lato fa piacere (pezzi come "Sunset Babies" o "Steal That Car" sono delle vere e proprie perle), dall'altro lascia un po' di perplessità... soprattutto perchè quest'album soffre di alcune pesanti cadute di stile (come l'insulsa "Six Hours" o "Run Down THe Devil", che a mio avviso è proprio bruttina), che ne limitano le potenzialità. La band che accompagna Alice è più o meno la stessa del precedente "The Eyes Of...", gli unici due cambiamenti sono Damon Johnson alla chitarra, al posto di Eric Dover, e Tommy Cufetos alla batteria a sostituire Eric Singer (che però fa parte della band in sede live). Per il resto sono ancora presenti l'eclettico chitarrista Ryan Roxie e l'inossidabile Chuck Garric al basso. Vista la qualità dei musicisti, il risultato dal punto di vista tecnico è impressionante... e convincente, in molti brani. Bella, ad esempio, l'opener "Woman Of Mass Distruction", cattiva e ironica come solo Cooper sa fare. Piacevolissima anche la successiva "Perfect", più che mai rock 'n' roll, ancora con una graffiante vena di ironia nei testi. La già citata "You Make Me Wanna" è uno dei pezzi più riusciti dell'intero album, grazie ad un ritornello assolutamente irresistibile... ed eccoci poi alla title-track, pezzo abbastanza insolito, non tanto per il brano in sè, quanto per un arrangiamento arricchito da una tromba (con sordina) che ricrea un'atmosfera da bar americano degli anni '30... con la mafia italiana, per intenderci. "The Saga Of Jesse Jane" è un altro pezzo atipico, una sorta di ballata country discretamente riuscita, anche se un po' monotona alla lunga. "Sunset Babies", come già detto, è la canzone di punta di quest'album, trascinante e divertente, davvero bella. In (quasi) tutti gli album settantiani di Alice Cooper, c'era una cover tra le tracce... abitudine poi abbandonata, ma ecco che spunta fuori "Pretty Ballerina" dei misconosciuti Left Banke a rinverdire quest'usanza. Non male... abbastanza fuori dai canoni comuni, comunque. Lasciamo passare "Run Down The Devil", per concentrarci sull'ottima "Steal That Car", divertentissima anche grazie a un testo ispirato. Sorvoliamo anche su "Six Hours" e arriviamo alla micidiale "Your Own Worst Enemy", molto vicina alle sonorità di "The Eyes Of...". A chiudere il tutto ecco "Zombie Dance", sorta di ispiratissima semi-ballad nella quale Alice si cimenta (con ottimi risultati) anche con l'armonica a bocca. La sorpresa però è la bonus track, "Stand". Abbandonati i suoni anni '70, ecco un brano modernissimo, arrabbiato, violento, potente... e incredibilmente catchy. Potrebbe tranquillamente girare per ore su MTV, anche grazie alla presenza di Xzibit, noto rapper statunitense. Per quanto io non ami molto il rap, devo dire che il connubio Alice-Xzibit in questa canzone è riuscitissimo, tanto che - se non fosse una bonus track - "Stand" si proporrebbe come il miglior pezzo del cd. Che sia questa la direzione che prenderà Alice nei prossimi lavori? Non mi dispiacerebbe affatto...
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