WIGGY BITS: Wiggy Bits
Sono stati incisi tanti grandi dischi, innumerevoli top album, lavori che indiscutibilmente hanno fatto la storia e/o influenzato le generazioni successive che hanno ricevuto entusiastiche, ma quanto classiche recensioni. Considerato che si tratta dei "biggest records", (biggest perchè "grande" in tutti i sensi), abbiamo pensato bene di dare loro la giusta visibilità e la dovuta dimensione con speciali che provano a scavare in fondo fin dentro le viscere dei contenuti degli album.
Un nome bizzarro quello dei Wiggy Bits, ma con alle spalle una storia (tutta americana) fatta di talenti. Richie Cerniglia lo ritroveremo negli Aviator, autori di quell’unica perla AOR del 1997, mentre Mike Riciardella, dopo l’esperienza Wiggy Bits, tenterà fortuna in prima battuta con i Network (seguito da Mike Maniscalco), che pubblicheranno due album di pomp rock (assolutamente avere l’omonimo debutto del 1977), per poi ritrovarsi negli Aviator sodale di Cerniglia. Ma l’uomo di punta, il fulcro, è Peppy Castro: Emil "Peppy" Thielhelm aka "Peppy" Castro, straordinario musicista di origine cubana già apprezzato ai tempi di Blues Magoos (durante i psichedelici sixties), darà alle stampe due album di AOR di infinita bellezza sotto il monicker Balance (Bob Kulick alle chitarre, Chuck Burgi alle percussioni con Feldman, ovvero Dennis Santiago con altro cognome, al basso: diventerà session man per Michael Bolton e Joan Jett, oltre a figurare nei Speedway Blvd sul debutto del 1980). A questo giro la Rock Candy pesca una chicca andata nel dimenticatoio, rispolverata e rinvigorita (sound excellent) ad uso e consumo per chi volesse godere poco più di mezz’oretta di musica sontuosa. Nel 1976 l’acronimo AOR non era ancora stato creato, ma quanto seminato su questo disco (non esisteva in quel periodo il supporto in policarbonato) è prodromo, in termini di suono e stile, di quanto sapremo apprezzare con i Balance: un rock morbido, pizzicato dal funky e dal soul. Castro traporta la tradizione del suo paese, quantomeno in termini di gusto e sensibilità, in un contesto rock rendendo unico il suo stile. Le tracce di ‘Wiggy Bits’ non tradiscono quello stile galleggiante, quasi sospeso, che riconosceremo nell’accoppiata ‘Balance/In For The Count’: siamo ancora negli anni ’70 e Castro era libero di esprimersi ascoltando il suo istinto (bontà sua); acuti e falsetti e quel soul negroide rendono speciale queste dieci canzoni. Stevie Wonder meets Toto (che esordiranno due anni dopo)? Acquisto imperdibile!
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