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NIRVANA: Nevermind

Nirvana

Sono stati incisi tanti grandi dischi, innumerevoli top album, lavori che indiscutibilmente hanno fatto la storia e/o influenzato le generazioni successive che hanno ricevuto entusiastiche, ma quanto classiche recensioni. Considerato che si tratta dei "biggest records", abbiamo pensato bene di dare loro la giusta visibilità e la dovuta dimensione con speciali che provano a scavare in fondo fin dentro le viscere dei contenuti degli album.

Potrebbe sembrare inutile o scontato parlare ancora di ‘Nevermind’ a 24 anni dalla sua uscita (il 23 settembre del 1991), e soprattutto dopo tutte le chiacchiere ed il business avvoltoio che si sono creati all’indomani del “suicidio” di Kurt Cobain. Però in una rubrica che tratta di grandi album, di dischi che hanno lasciato un’impronta nella storia della musica, non potevamo esimerci dallo spendere qualche riga per quello che è stato l’ultimo lavoro che con il suo impatto esplosivo e virale ha portato una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’alternative rock, dando risalto ad un nuovo genere che da pochi anni si stava sviluppando nel nord est americano, il grunge.

Ma cosa ha reso speciale questo disco dei Nirvana, cosa lo ha fatto arrivare primo nelle classifiche degli album più venduti nello stesso anno in cui ha dovuto reggere il confronto con lavori di artisti già ben più famosi come gli U2 di ‘Achtung Baby’, i Queen di ‘Innuendo’, i Rem di ‘Out Of Time’, i Guns’n’Roses di ‘Use Your Illusion I e II’, i Metallica del Black Album e molti, molti altri ancora? Innanzitutto il periodo storico. Composto da una generazione di tantissimi giovani insoddisfatti che cercavano qualcuno e qualcosa in cui riconoscersi che fosse portabandiera di un pensiero radicalmente diverso dalla politica Reaganiana e dal pop di Michael Jackson con i quali non erano per niente in sintonia, e che ha trovato nei testi di Cobain qualcosa in cui identificarsi, anche per la facilità con cui questi si adattano alle più svariate interpretazioni, a prescindere da quale fosse poi il significato reale che l’autore aveva voluto dare (spesso nelle interviste Kurt ha dichiarato che le sue parole erano state male interpretate e che i testi il più delle volte li scriveva al volo poco prima di registrare).

In secondo luogo la semplicità con cui le note di “Nevermind” ti entrano dentro e ti rimangono nell’anima: un giro di do, strofa ritornello strofa, quel timbro così struggente di Kurt. E in più, per la mia generazione, che si affacciava in quegli anni all’adolescenza, quella falsa illusione che ci ha fatto sognare che qualsiasi ragazzino squattrinato, quale eravamo noi, potesse facilmente risuonare quei brani e arrivare al successo con una chitarraccia di quarta mano e il microfono del cantatù, illusione durata solo fino a che non si è preso coscienza di quanto sia difficile nella realtà esprimersi e creare musica nuova, non scontata, e che abbia un senso, con pochi e semplici accordi.

Ci troviamo ad Aberdeen, Washington, Stati Uniti. Lontani da quel sogno americano che tutti ci immaginiamo: è un paesino di provincia dove hanno la meglio conformismo e perbenismo. Quell’ambiente ha fatto crescere in Kurt una sorta di disagio e rifiuto per la società che lui ha iniziato a sfogare nella musica fin da ragazzino. Da subito con l’intento di diventare una rockstar e vivere di musica nel 1985, ispirato da Melvins, The Smithereens, Rem, Sonic Youth, forma i Nirvana con Krist Novoselic al basso e nel 1989 pubblicano il primo album ‘Bleach’ per l’etichetta indipendente Sub Pop. Solo nel 1990 però fa il suo ingresso nel gruppo il batterista definitivo, Dave Grohl. Nello stesso anno firmano con la major Geffen e iniziano a scrivere pezzi per il nuovo album, del quale si aspettano di vendere circa 200 mila copie e per il quale viene stanziato un budget minimo per la realizzazione. Le registrazioni si svolgono in California fra il maggio ed il giugno del 1991. Dieci ore al giorno di lavoro in cui si susseguono discussioni sul sound che da una parte vogliono più commerciale per raggiungere il successo, dall’altra desiderano mantenere grezzo, problemi di voce e instabilità umorale di Kurt che darà vita ad uno strano mix fra sonorità punk, rock e pop.

Queste le premesse all’indomani dell’uscita di ‘Nevermind’. Di cosa è avvenuto dopo c’è poco di nuovo da dire: è storia. Inizialmente pubblicato con una tiratura di poco più di 80 mila copie, alcune delle quali stampate per errore senza la traccia nascosta “Endless, Namless”, presto esaurite, mentre l’album viene in un primo momento ignorato dalla stampa, il singolo ed il video di “Smells Like Teen Spirit” passano ripetutamente in radio e tv facendo esplodere velocemente il successo mondiale. Il tour europeo è sold out, nel gennaio 1992 avviene il sorpasso ai danni di Michael Jackson al numero uno della classifica Billboard, vengono estratti altri 3 singoli di successo.

“Come As You Are”, “Lithium”, “In Bloom”, si crea un mezzo scandalo per la canzone “Polly” che racconta uno stupro dal punto di vista dello stupratore. Si accendono i riflettori su tutte le band di Seattle, nasce lo stile di vita grunge che ci ha visti andare in giro incazzati con il mondo indossando camicie di flanella a quadrettoni. ‘Nevermind’ è entrato nelle case di 30 milioni di noi. E’ diventato un album fondamentale da ascoltare e conoscere per chiunque si interessi alla musica e ad oggi, ventiquattro anni dopo, rimane l’ultimo disco che è stato in grado di lasciare un’impronta così profonda e su larga scala nel mondo del rock.

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Commenti

  • Frago

    Sempre bello sentir parlare di questa pietra miliare, soprattutto quando lo si fa così bene. Anche se direi che un altro lavoro successivo che ha rivoluzionato un po' tutti i giovincelli dell'epoca è stato Antichrist Superstar. In maniera minore il primo degli Slipknot.

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