W.A.S.P.: THE NEON GOD: PART 2 - THE DEMISE
data
30/09/2004Come promesso, i W.A.S.P. tornano a distanza di pochi mesi dalla pubblicazione di "The Neon God: part 1 - The Rise", con il suo seguito "The Demise", album che chiude la storia del concept. Per quanti si fossero persi per strada, consiglio di andare a leggere su questo stesso portale la scheda di quel disco. Come è facile immaginare, produrre due dischi a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro non porta evidenti variazioni stilistiche e compositive, ma questo non deve far credere che "The Demise" sia una banale appendice di quello che era stato il suo prologo. Se vi fate un giro in fondo alle schede dei due capitoli di "The Neon God" vi renderete conto che il voto espresso per questa seconda parte è maggiore; ovviamente un voto non è altro che un orientamento per capire i valori in campo ed in questo caso è altrettanto facile notare come "The Demise" risulti più dinamico e rabbioso rispetto a "The Rise". L'effetto "vetro" di cui si sentiva la pesante presenza nel primo capitolo, trova qui un sostanziale ridimensionamento, così come si nota una maggiore presenza della affilata lama della chitarra di Darrell Roberts, a ricordare le fenomenali performance live dello stesso. Altro elemento di differenziazione con "The Rise" è l'approccio delle canzoni: se è vero che l'intero lavoro è stato scritto in un'unica soluzione, è altrettanto vero il fatto che nelle nove tracce di "The Demise" si respira un'aria meno settantiana e molto più simile alla rabbia ottantiana dei W.A.S.P.. Quanto detto può far pensare ad una suddivisione ragionata dei brani nei due dischetti che compongono l'opera intera, il che non deve, però, far credere erroneamente ad una disomogeneità del materiale proposto, che risulta invece ricco di sfumature sapientemente bilanciate nell'arco di un lavoro suddiviso in due diversi momenti. Tornando alle dichiarazioni di Mr.W.A.S.P. Blackie Lawless in merito alla sua volontà di ricalcare le gesta del masterpiece "The Crimson Idol", come opinione personale direi che tra "The Rise" e "The Demise", quello che si avvicina maggiormente al citato capolavoro di inizi '90s è proprio il secondo dei due, riproponendo atmosfere più cupe, intimiste, violente e strazianti: "The Rise" mi pare sia troppo rockeggiante per poter toccare l'animo nel modo in cui lo fa "The Crimsol Idol" e come in parte ci riesce "The Demise". Dal punto di vista esecutivo, detto dell'ottima prova di Darrell Roberts e del lievemente differente approccio tastieristico, c'è da registrare la defezione di Frankie Banali alla batteria, ottimamente sostituito dall'altro membro storico della famiglia W.A.S.P. Stet Howland (presente anche in un brano del primo capitolo), e della sempre emozionante performance del grande Blackie Lawless, un grande rocker, oltre che un musicista e songwriter a tutto tondo. Tra i brani di questo intenso album, ci sono da segnalare per la loro particolare bellezza, le struggenti e cariche di feeling "Clockwork Mary" e "All My Life", la trascinante e anthemica "Come Back To Black" e la lunga suite conclusiva "The Last Redemption". Come è consuetudine per i concept firmati Lawless & Co., sono molti i riferimenti ed i ritorni ad altri brani dell'opera (e quindi anche a quelli del primo disco), così che oltre che a livello testuale anche in musica si riesca a seguire il tracciato della storia grazie ad un motivo conduttore...un pò come era stato per il già citato "The Crimson Idol".
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