W.A.S.P.: Golgotha
data
05/10/2015A ben sei anni dal precedente album 'Babylon', e da poco reduci dal trentesimo anno di carriera, gli W.A.S.P. presentano alla pubblica piazza il loro quindicesimo vagito in studio. E come il suo predecessore, anche “Golgotha” richiama temi dal sapore religioso ispirandosi, come descritto nel titolo stesso dell’album, nei testi e nella copertina, al Calvario come sito sul quale il Cristo Signore si è immolato per il bene dell’umanità, e come snodo principale dove incontrare chi può darci la fede e la forza di andare avanti e superare le difficoltà della vita. È un disco che dall’inizio alla fine trasuda rock come non mai, dove si mescolano sonorità fedeli agli anni ’80 in cui gli WASP, assieme ad altre icone del rock vestito di atmosfere glam e stradaiole hanno lasciato un segno indelebile nei cuori degli appassionati, ma che risultano tutt’oggi ancora pienamente godibili e straordinariamente alla portata di tutti. E in cui il buon caro e (solo anagraficamente parlando) vecchio marpione che è Blackie Lawless gioca la parte del leone con una prestazione complessiva davvero imponente, con la sua voce talmente pregna di ogni esperienza su e giù dal palco, e dentro e fuori dalla sala prove, e che viene sputata fuori a getto continuo con un tale vigore che i pischelli di oggi neanche si permettono di sognare. La trattazione di temi particolarmente cari alla fede e la sua recente e ritrovata conversione, assieme alla prestazione musicale che si può analizzare in quest’album, certamente hanno contribuito ad esaltare la sua prestazione. Ne sono esempi lampanti le prestazioni a tutto rock di “Last Runaway” e “Slaves Of The New World Order”, piuttosto che la conclusiva title-track e la bellissima e struggente ballad “Miss You”, che nel ritornello può vagamente ricordare l’estremo saluto di Freddie Mercury al mondo (“The Show Must Go On” dei Queen), ma che complessivamente, assieme a “Golgotha”, si dimostrano delle autentiche preghiere suggellate dall’emozionante voce di Lawless e da riff di chitarra da spezzare il fiato. Si può dire che “Miss You” possa essere praticamente il miglior brano dell’album e, a parere personale, uno dei migliori in assoluto della discografia waspiana. Oltre al frontman americano, di notevole impatto è anche la prestazione alla chitarra di Doug Blair, capace di tirare fuori dal cilindro delle soluzioni chitarristiche di pregevole caratura. Complessivamente, l’album scorre via che è un piacere lungo i suoi 55 minuti circa di durata, grazie ad un mixing efficace, e la voglia di riascoltare i vari brani in modo sparso, piuttosto che ricominciare daccapo l’intera avventura, risulta ben presente. 'Golgotha' può senz’altro elevarsi tra le migliori pubblicazioni di quest’anno nel panorama dell’hard rock classico, e di quelle della cerchia delle band evergreen del genere.
Commenti