TUNA DE TIERRA: Tuna De Tierra
data
18/09/2017Primo omonimo full-length per i campani Tuna de Tierra che dopo il loro primo EP del 2015, totalmente autoprodotto, hanno attirato la curiosità e l'interesse della Argonauta Records, etichetta prolifica nel panorama stoner. Il sound dei nostri ha forti richiami latini che rimandano alla cultura dei nativi americani con i loro affascinanti riti e le loro misteriose leggende e tradizioni. L'intero disco in realtà si pone come un rito tribale, un lento cammino spirituale per l'anima dell'ascoltatore, un viaggio privo di "scossoni" che consente il progressivo abbandono dei sensi; le distorsioni non sono mai estremamente pesanti e sature come nello stile dello stoner rock più classico e la voce di Alessio De Cicco, in veste di sciamano, è pulita e sussurrata. Una ventata di sabbia e calore ci investe già dalla prima traccia "Slow Burn" che funge da intro strumentale e ci prepara all'ascolto con i suoi sapori psichedelici che pagano dazio ai grandi esponenti del settore come gli Sleep. La nostra percezione inizia a vacillare, lo spazio e il tempo si dilatano con "Morning Demon", primo monolite di ben 8 minuti che crea una atmosfera rarefatta con l'ausilio di sonorità di cristallo della seicorde del citato Alessio De Cicco. "Out Of Time" si presenta con un riff bluesy e rappresenta forse il brano con influenze più marcatamente settantiane nei riff e nelle ritmiche portanti del pezzo che poi si apre in un caleidoscopio di sonorità fino a reminiscenze space rock. La lunghezza di tutti i brani che compongono il platter fa si che al proprio interno possano trovare spazio divagazioni strumentali con spunti interessanti che danno prova della coesione del trio campano anche come jam band. Il brano sicuramente più particolare è però "Long Sabbath's Day" che suona come una invocazione agli dei che un tempo dominavano sulle antiche terre popolate dalle tribù dei nativi americani e che nelle intenzioni ricorda molto un celebre brano dei The Doors dal titolo "My Wild Love". La trans sciamanica a questo punto è al suo picco massimo e "Mountain" contribuisce a questa spirale lisergica con il suo riff portante che vede intrecciarsi basso e chitarra in una melodia ossessiva e ripetitiva come un mantra che a lenti passi leggeri entra dentro la mente annebbiandola poco a poco, non dando scampo agli ultimi scampoli di lucidità rimasta. Epilogo di questa lunga esperienza mistica è "Laguna" che si riallaccia alle sonorità di "Out Of Time" per le sue influenze spiccatamente space rock e che rappresenta probabilmente uno dei punti più alti dell'intero disco che si colloca ad un livello medio alto e tra le migliori uscite sicuramente del sud italia che poco a poco si sta facendo valere sui territori caldi dello stoner/desert.
Commenti