THRESHOLD: MARCH OF PROGRESS

'March Of Progress' arriva dopo ben cinque anni da 'Dead Reckoning'. Dal 2007 molte cose sono successe dentro e fuori alla band, certamente le più rilevanti sono il rientro in formazione - per la terza volta - di Damian Wilson, e la triste scomparsa di Mac avvenuta lo scorso anno. Durante questo lustro, però, la band ha continuato ad esibirsi dal vivo per dare modo e tempo a Wilson di ambientarsi ancora una volta, e dopo rimandi e posticipazioni infinite ecco finalmente il nuovo album. Se con Mac alla voce il gruppo inglese aveva prodotto album stilisticamente più diretti e pesanti, nonchè alimentati da una certa cadenza darkeggiante, ora con Damian i Threshold riprendono il discorso di 'Wounded Land' - il magnifico esordio - e di 'Extinct Instinct' e ci propongono un lavoro molto più progressive e melodico che, comunque, non lascia indietro nè il marchio di fabbrica del sestetto, tantomeno la potenza e la classe che da sempre dispensano ai nostri neuroni. Il risultato finale è un disco coinvolgente ed ispirato, di grande presa, che ci consegna prepotentemente una delle realtà più originali e talentuose del prog metal mondiale, pur non avendo praticamente mai inventato nulla. Segno che la personalità rappresenta la virtù principale di Karl Groom e soci. Virtù che scintilla in 'March Of Progress', album che abbonda oltre l'ora senza mai fare scadere l'attenzione, senza mai pregiudicare gli ascolti successivi, senza mai sparare colpi a salve: qui si fa davvero sul serio con composizioni compatte che si scompongono e ricompongono di continuo, caratterizzate da un'esecuzione strumentale dal rielivo imponente, da linee melodiche che lasciano il proverbiale segno, da un muro sonoro che sa essere rude ed in egual misura elegante. Nessun eccesso, nessuna mancanza, solo classe e potenza a badilate che a loro volta trovano equilibrio tra le pieghe dei brani, lì dove si annidano arrangiamenti, inventiva e vocazione innate che ti spingono ad essere i Threshold, nessun altro.