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THE STORYTELLER: TALES OF A HOLY QUEST

data

21/09/2003
62


Genere: Epic/Power
Etichetta: Black Lodge
Anno: 2003

Solitamente, si usa considerare il terzo capitolo della discografia di una band dalle buone qualità come quello della possibile consacrazione o definitiva maturazione artistica. Per quanto non abbia una valenza ed una precisione “scientifica”, il terzo disco, in genere, dovrebbe svelare quanto non visto in precedenza e migliorare, allo stesso tempo, quelle che si ritengono le potenzialità non del tutto espresse. I The Storyteller sono autori di due dischi in cui conciliano con bravura il power europeo con melodie prese in prestito direttamente dalla scena rock melodica. Quindi una sorta di connubio atipico che faceva ben sperare in una futura produzione ancora più intrigante ed ispirata. Giunti al varco, al terzo disco, cosa fanno i nostri svedesotti, invece? Cambiano drasticamente direzione (cosa legittima), abbandonando le moderne melodie dei precedenti lavori approdando, ora, verso il porto più sicuro ma affollatissimo del power-epic. Ebbene si, ci troviamo di fronte all’ennesimo polpettone apparentemente ben condito ma dal sapore assolutamente insipido. Chiariamoci, “Tales Of A Holy Quest” non è un brutto disco, ben confezionato e suonato e le canzoni non sono certo da buttar via. Ma è il classico disco che se ascolti una o due song isolate(prendete come esempio “Blinded Eyes” oppure “Trails Of Blood”) queste potrebbero anche esaltare, ma se ascoltate durante tutto il disco provocano sbadigli a go-go. Perché? Perché il disco è un continuo susseguirsi di cliché, adozioni strumentali e schemi ormai stuprati da chissà quante altre band: doppia cassa e drumming spediti a tempi altissimi, riff serrati, cori a più voci che evocano le gesta più esaltanti descritte nei testi. Insomma, la solita “gnagnarella” che potrebbe rendere felici gli affezionati del genere e nessuno più. Se consideriamo, poi, quanto la band aveva promesso in precedenza (al di là della direzione intrapresa), tirando le somme, il fatidico terzo disco ce la propone lontana da qualsiasi concetto di consacrazione e maturazione. What a shame!

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