THE PARLOR MOB: AND YOU WERE A CROW
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25/03/2009Recentemente, si è parlato spesso di una possibile reunion dei Led Zeppelin. Voci su voci si sono rincorse come altrettante smentite. Poi arriva un disco come "And You Were A Crow" e ti chiedi a cosa sarebbe mai servita una reunion quando gli Zeppelin hanno finalmente trovato i loro degni eredi - loro che non hanno più nulla da chiedere alla storia. Attenzione: non di quelli che alla fine, semplicemente, fanno da controfigura a Page e Plant, di quelli che non sono altro che ottime cover band dell'eterno Dirigibile. Il quintetto del New Jersey, invece, è autore di uno Zep sound riconoscibilissimo, ma personale. Carisma da vendere, passione incontrollata mossa da quel gene raro del rock che ti rende grande tra i tanti. Quel talento naturale, quella scintilla che si accende improvvisamente e ti fa capire qual è la differenza tra "leader" e "followers", quella che ti rende speciale anche se non ne sei consapevole, motivo per cui l'ingenuità che qualche volte trasuda diventa assolutamente veniale. Questo accade soprattutto quando sei giovane, quando hai voglia di suonare, di spaccare il mondo, di farti conoscerti e tutto il resto conta assai poco. I The Parlor Mob giovani lo sono, ma nascono già vecchi - inteso positivamente. Sembra abbiamo alle spalle una carriera trentennale, ma sono nati ieri. Basta ascoltare anche una sola traccia di "And You Were A Crow" per innamorarsi di questi ragazzi. Gli anni '70 non sono mai stati così attuali e travolgenti e, probabilmente, la voce di Mark Melicia ed il suo relativo istrionismo trovano ben pochi pari tra chi ancora si diletta con quelle sonorità. Forse nessun pari come anche l'universo interpretativo della band caratterizzato da strumenti acustici ed elettrici, da scorribande di elettroni e da momenti introspettivi a volte folk, in altri passaggi più squisitamente rock. Suoni caldi, pastosi, chitarre che ricamano continuamente e sezione ritmica selvaggia costituiscono la ricetta adottata per servirci un disco d'esordio destinato a fare epoca, e consegnarci brani come la stratosferica "Tide Of Tears", ballad da pelle d'oca in cui Melicia si cala pienamente nello struggimento interiore, mentre la chitarra solista sferra un assolo di una intensità tale da falciarti l'anima. Da ascoltare e riascoltare fino allo sfinimento uditivo ed emotivo. Ma i The Parlor Mob sono anche molto altro. Sono eleganti e rudi in par misura, blueseggianti e moderni, ottimi compositori e sopraffini arrangiatori, interpreti di uno stile fiammeggiante che spalancherà loro le porte del successo planetario. O quanto meno quelle del cuore di chi crede ancora che il rock sia rivoluzione, antagonismo, passione, calci in culo alle tendenze ed al conformismo beota che ci circonda. Se credete invece che il rock non abbia più niente da dire e che non valga la pena ascoltarli, allora prendetevi a schiaffi e verificate di essere ancora vivi perché il rischio che siate voi morti dentro è alquanto probabile.
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