TESTAMENT: Dark Roots of Earth
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07/08/2012Partiamo dalla fine, dal giudizio: 'Dark Roots Of Earth' è un buon disco. Solo che a comporlo sono stati i Testament, band che ha scritto pagine fondamentali della storia della musica pesante. Ma questo nuovo album certo fondamentale non è. Saranno le aspettative - sempre alte - ad ingannarci, fatto sta che il nuovo vagito dei thrasher californiani è inferiore ai precedenti album. Suona come una sorta di summa complessiva della carriera dei nostri, partendo dall'inizio fino ad arrivare al groove monolitico e per certi versi noioso di 'The Formation Of Damnation', precedente album pubblicato quattro anni fa, ma raggiunge raramente l'eccellenza cui ci hanno abituato con le produzioni uscite nel secolo scorso. Cosa che accade con la devastante e corrosiva "True American Hate", brano destinato a diventare un cavallo di battaglia grazie alla sua carica dirompente che ben riflette il carattere rabbioso del titolo, o come anche nell'opener "Rise Up" che lascia ingannevolmente presagire un bombardamento sonoro che non farà prigionieri. Invece 'Dark Roots Of Earth' nel complesso non soddisfa le aspettative, non offre una continuità compositiva di livello, mentre evidenti sono le cadute di tono - "Cold Embrace" - banalità assortite - "Native Blood" - ed un songwriting ad andamento alternato - la titletrack si fa rispettare, ma non morde come dovrebbe. Tranne i casi di cui sopra si ha sempre la sensazione che manchi qualcosa al disco, quell'incisività compositiva che da (quasi) sempre va di pari passo con quella esecutiva. Quest'ultima è certamente il vero punto di forza di un disco suonato da paura, come in tutte le partecipazioni al solito Gene Hoglan è stratosferico, un ritrovato Skolnick anche in fase solita, ma in particolare un Chuck Billy a dir poco mastodontico il quale impressiona in quanto a potenza, versatilità ed attitudine. Produzione a livelli massimi come d'abitudine con le uscite targate Nuclear Blast - anche se troppo confezionata - dona una resa superiore a tutti gli strumenti compattando il sound nell'insieme, ma sezionandolo per dare forza alle singole prestazioni. Altro punto a favore per un album che pecca però nella la sostanza, in quei brani che dal vivo, ne siamo certi, renderanno meglio dato che stiamo pur sempre parlando di una delle migliori live band in circolazione.
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