ARMORED SAINT: MARCH OF THE SAINT
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30/08/2005Era il 1984 quando a Los Angeles, in un’America culla del nascente movimento thrash, gli Armored Saint irrompono con un disco di purissimo heavy metal destinato a diventare un caposaldo per i cultori delle sonorità più classiche. Forse è proprio a causa del nuovo interesse per il thrash che "March of the Saint" fu relativamente trascurato al momento dell’uscita, per poi essere rivalutato a dovere solo in seguito e gettato (forse un po’ a sproposito) nel calderone del cosiddetto Us power metal. gli Armored Saint in realtà affondano le loro radici nella tradizione della Nwobhm e quella qui proposta è semplicemente una delle forme di heavy metal più pure che si possano immaginare, ancora un po’ distante dal suono corposo e compatto del power americano vero e proprio. Spetta all’immortale title track il compito di aprire le danze, e con tutta probabilità siamo già di fronte al miglior pezzo del disco. La solenne introduzione ci conduce ben presto nel cuore di un classico senza tempo con tanto di testo epicheggiante e un ritornello di quelli che marchiano a fuoco la mente. Si avverte subito l’influenza dei primi Iron Maiden o dei Judas Priest più heavy, soprattutto nelle linee di chitarra, anche se non manca di certo uno stile personale. Segue una serie di canzoni brevi e incisive che mantengono alta l’adrenalina in attesa dei prossimi capolavori... "Can U Deliver" e "Mad House" possono essere tranquillamente prese come prototipi dello stile del gruppo: chitarre ben distorte, assoli fulminanti, ritmi sostenuti, suono ruvido e voce graffiante, ma anche un buon gusto generale per la melodia. I toni si ammorbidiscono un po’ con "Take a Turn" sfiorando quasi i caratteri di una ballata, giusto per concederci un respiro prima delle imponenti "Seducer" e "Munity on the World". Nella successiva "Glory Hunter" torna a farsi sentire quell’enfasi epica che caratterizzava la già citata "March of the Saint" ed ecco che il disco tocca il suo secondo apice compositivo. Memorabile la strofa d’acciaio e la prepotente voce di John Bush; da notare anche la prova sempre soddisfacente del chitarrista leader David Pritchard, capace di assoli raffinati ma sempre taglienti e diretti al punto giusto, vero tocco di classe del sound. Il riff accattivante di "Stricken by Fate" già si avvicina di più alle sonorità prettamante Us power di gruppi come Metal Church o primi Savatage, giustificando in parte questa definizione. Si torna alla carica con "Envy", brano canonico che ribadisce il concetto, per poi passare a "False Alarm", ottimo epilogo sulle orme di "March of the Saint" e "Glory Hunter". Come avrete intuito questo disco non conosce veri e propri punti deboli: le vere perle sono ben riconoscibili e spiccano superbe su un tappeto di metallo comunque sempre gradevole e abbstanza omogeneo. Buona anche la produzione, generalmente ben curata almeno se si tiene conto del contesto storico. Impareggiabile il fascino. La copertina è a mio avviso una delle più entusiasmanti dell’intero panorama Hard ‘n’ Heavy, ma in generale tutto in questo disco è inequivocabilmente heavy metal… dai contenuti dei testi alla proverbiale iconografia fino all’attitdine e all’aspetto più prettamente musicale. Una vera icona del genere.
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