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SPRINGSTEEN, BRUCE: DEVILS & DUST

data

26/04/2005
85


Genere: Rock
Etichetta: Sony
Anno: 2005

Un uomo e la sua chitarra. Il deserto ossessionato dal sole, spaccato in due da un fiume inaridito che l'attraversa. Uomini e donne sconfinano negli stati del sud degli States alla ricerca di una possibilità, di una vita da vivere con dignità. Diversi muoiono soli mentre lo affrontano, con la speranza ed i sogni chiusi nel pugno della mano e nel cuore. Per sempre. Vecchi e giovani cowboy che vivono in disperazione, sospinti dalla rabbia, dal fallimento. Donne maltrattate, usate, vendute, puttane per necessità. Soldati intimoriti, confusi, al cospetto della morte, mandati in guerra, allo sbando. La periferia abbandonata a se stessa dove la vita scorre senza sussulti, ma si manifesta attraverso brevi, isolati istanti di gioia, e prolungati momenti di sofferenza. Ancora un uomo e la sua chitarra, la sua armonica ed un campionario vasto di strumenti che hanno contraddistinto il country-rock americano, le radici, l'essenza del suo essere artista, vicino a Dylan ed a Cash, ma sempre personale, intimista all'occasione, feroce, calato nella letteratura popolare americana del secolo scorso tra diseredati, bastardi, nullatenenti. Un campionario quasi interamente nelle sue mani che porta a galla il mondo parallelo di quella fetta di società che vive alla giornata, dimenticata periferia già periferia di se stessa.
Bruce riprende in parte il discorso già completo di The Ghost Of Tom Joad e lo espande: dal confine all'entroterra, inevitabilmente alla guerra, agli spazi sterminati e silenziosi, polverosi, dove il vento accarezza il cielo e la terra ma non gli uomini, e racconta ancora una volta(è il suo eterno mestiere) la miseria, i dolori, i sogni con la partecipazione di chi conosce alla perfezione quel corollario di derelitti e poveri cristi che non hanno nè voce, ne sostegno. Con dodoci piccole storie raccolte e scritte nell'arco di un decennio, alcune già portate a spasso per il mondo nel tour acustico di dieci anni fa e che prendono piede dall'acustica essenziale del già citato The Ghost Of Tom Joad, così come da quella di Nebraska e dai molti altri titoli sparsi lungo tutta la sua eccezionale discografia, il Boss, questa volta non accompagnato dalla E-Street Band, alterna all'intimismo amaro sprazzi di elettricità e tempi ritmici che rimandano al gospel ed a certi episodi assai felici di dischi quali Human Touch e Lucky Town confezionando l'ennesimo grande disco. Un disco importante. Un altro disco importante, fuori da ogni schema e convenzione sonora attuale che continua il tracciato cantautorale di un persnaggio sincero con se stesso e col mondo, un combattente indomabile che mette la sua sensibilità al servizio della gente comune, della loro vita.
Devils And Dust è un lavoro importante anche per lo stesso Springsteen il quale si ritaglia uno spazio tutto suo e s'avvicina a Dio come mai aveva fatto in precedenza in maniera così esplicita(Jesus Was An Only Son). Segno di libertà, di profonda conoscenza e coscienza interiore maturata proprio grazie al suo correre a fianco di chi non ha mai avuto non la stessa opportunità, ma almeno una opportunità. Un disco vario e prezioso, intenso, che trafigge con la sua poetica della strada e non lascia scampo nè all'immaginazione, nè alla stessa realtà. Come la vita che ci ritroviamo e non vogliamo e che siamo costretti ad accettare, ma che ci tocca combattere, lacrime, sudore e sangue, e polvere, e diavoli, piccole quotidiane guerre, interiori e non, fin tanto che si ha fiato. Fin tanto con la musica e le parole del Boss.

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