SMEER: DISCHORD
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14/12/2004Avvertenza: il sottoscritto non si prende la responsabilità linguistica per l'eccessiva ripetizione del termine 'Nickelback' nella recensione che seguirà. Ascoltando gli Smeer si ha la sensazione che questi quattro ragazzi (pomposamente definiti ‘la risposta ai Nickelback’ dalla biografia) siano arrivati alla stazione con tutti i bagagli preparati alla grande, vestiti di tutto punto, ma che abbiano perso il treno all’ultimo secondo, restando così con un palmo di naso, alla faccia appunto di gente tipo i Nickelback, seduti in prima classe. “Dischord”, con una copertina degna di Botero, è il secondo lavoro di questa band che ricalca come detto le orme di nomi più blasonati ed affabili, tipo i Nickelback; adesso, analizziamo la situazione in maniera oggettiva: l’ondata abnorme di post-rock da turbe adolescenziali è stata fagocitata dopo circa tre anni dalla stesa fonte per merito della quale era stata generata, Mtv, facciamo nomi e cognomi. C’era bisogno di qualcosa che scuotesse gli animi addormentati di gente abituata (assuefatta?) a gansta hip-hop col pannolino e ragazzine alle prese con i primi assorbenti; Nickelback in testa (band che poi si è rivelata tutt’altro che una meteora di bassa qualità), l’invasione è compiuta, ma si sa queste cose non durano molto, e la logica di mercato dopo aver fatto illustri vittime tra cui il power ed il nu metal, falcia senza pietà anche il rock ‘moderno’, chiamiamolo così. Solo i più validi rimangono, a fatica. Gli Smeer si trovano in una sorta di limbo tendente al buco nero, dove fare la figura di quelli arrivati troppo tardi è deleterio assai, e piuttosto sconsigliabile; ed è francamente un peccato, visto che la qualità serpeggia più di una volta nei solchi di “Dischord”, tra melodie sempre energiche e passaggi squisitamente hard rock davvero validi. Insomma, il bel disco che tutto sommato non ti aspetti (o meglio, non ti aspetti più: tanto è passato di moda) e che ti fa passare un’oretta felice. Peccato che gli Smeer abbiano perso il treno…
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