PAIMON: METAMORPHINE
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15/05/2005I tedeschi Paimon arrivano con “Metamorphine” al secondo album dopo “Terra Oblivionis” che stando a quanto detto dalla biografia vedeva i nostri alle prese con un sound prettamente pagan metal, cosa che non avviene con la nuova fatica di questa band; se volessimo inquadrare con precisione il sound dei Paimon potremmo definirlo come swedish death equamente influenzato dalle solite band seminali (sto cominciando a stufarmi di scrivere una frase come questa) senza escludere qualche altro nome meno fondamentale, e a tal proposito il primo che viene in mente è senza dubbio quello dei vichingi Amon Amarth dai quali i cinque crucchi ereditano la pachidermicità e l’epica irruenza di alcuni passaggi. Tutto l’album è una sorta di summa del sound scandinavo andato più in voga negli ultimi anni, sterzata metalcore esclusa: armonie di chitarra, parti acustiche, sfuriate sempre umide di melodia che non risparmiano toccata e fuga nell’universo black metal. I Paimon sono dunque l’antitesi dell’originalità da questo punto di vista, anche se gli undici brani che compongono questo “Metamorphine” si lasciano ascoltare piuttosto volentieri, a patto che non siate saturi di suoni scandinavi, nel qual caso vi consiglio di tenervi alla larga da questo disco. Per tutti gli appassionati, i Paimon rappresentano una gradevole parentesi che per lo sforzo (apprezzabile “Millenial Troubles”, cantata in russo) meritano quantomeno la sufficienza; non saranno i nuovi Dark Tranquillity, non rivoluzioneranno l’universo musicale metallico ma d’altro canto non ne hanno nemmeno la pretesa.
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