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OMEN: ETERNAL BLACK DAWN

data

17/11/2004
65


Genere: Epic Metal
Etichetta: Mausoleum
Anno: 2004

Credo che per ogni epic metaller che si rispetti "Eternal Black Dawn" sia stato il disco più atteso dell'anno. Se non ricordo male, giunse alla fine della primavera la promessa di Kenny che questo disco avrebbe riparato il tragico flop del precedente "Reopening the Gates", ritornando a battere le strade care agli Omen nei lontani eighties, ovvero quelle di un epic metal massiccio, roccioso, battagliero e a volte tentato dal fascino dell'oscurità sabbathiana. Insomma, questa Eterna Alba Oscura aveva due importantissimi compiti: fard imenticare il fiasco precedente e reggere il confronto con i capolavori del passato. La prima missione è stata portata a termine con successo, la seconda (come prevedibile) è stata invece un fallimento. Il disco si presenta sin dall'opener come una poderosa sferzata di epic/power metal all'americana, accostabile ai vecchi Jag Panzer e a tratti dedito a melodie piuttosto inusuali per la band, ma quello che emerge da questo disco è una band che ormai è il lavoro di un solo uomo, Kenny Powell, uno dei riff-maker più prolifici del panorama metallico: un uomo animato da una sconfinata passione per il metal più puro ed epico, passione tributata in una nuova serie di bellissimi riff e partiture chitarristiche molto ispirate a quanto fatto in passato, e nonostante ciò mai banali o già sentite: sono palesi influenze priestiane e sabbathiane, che arricchiscono l'inconfondibile trademark epico della band. Sotto il profilo chitarristico, quindi, ancora una volta gli Omen si fanno rispettare... ma l'altra faccia della medaglia non è ugualmente scintillante, purtroppo. Kevin Goocher, l'uomo a cui Kevin ha affidato il compito di cantare questo nuovo disco (e credo anche di preparare lyrics e linee vocali, dato che compare nei credits), è il principale responsabile di tutto ciò che c'è di male in questo disco. Ora, nessuno si aspetta un nuovo JD Kimball, ma neanche uno sfacelo simile: le linee vocali sono scialbe, banali, ripetitive, e per di più cantate in maniera assolutamente inadatta al contesto, con un timbro privo di intensità e totale assenza di coinvolgimento. Ed è un vero peccato vedere bellissime canzoni come "House on Rue Royale", che ci riporta alla mente i frangenti più oscuri di "Warning of Danger", o la tostissima title track, con un riff e un refrain usciti direttamente da "Battle Cry", vanificate da una prestazione vocale assolutamente insufficienti. Da suicidio, poi, il medley finale, che nel (peraltro ammirevole) tentativo di rievocare grandiosi brani ("Make me Your King", "Dragon's Breathe" e "Die by the Blade") dà letteralmente la zappa sui piedi di un disco che può essere apprezzato solo se si evita il confronto con i predecessori. Beninteso, il disco è godibilissimo, a tratti ben sopra la media grazie a canzoni come le succitate, ma brani assolutamente insipidi come "Blood Feud", "Burning Times" o "Chains of Delirium" scivolano via senza lasciare impressione alcuna... e da uan band che ha scritto opere monumentali come gli Omen mi sembra lecito aspettarsi di più. Ottimisticamente, si può dire che questo disco rappresente un immenso passo avanti (e non era poi difficile) rispetto al baratro in cui la band era precipitata, e io, da fan, spero ardentemente che Kenny dimostri al mondo ancora una volta di cosa è capace... anche se è meglio levarsi dalla testa che i nostri possano bissare i miracoli compiuti negli eighties!

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