OBITUARY: FROZEN IN TIME
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28/07/2005Per quanto mi riguarda, questo “Frozen In Time” rappresenta uno dei come back più attesi del 2005, anche perché sono stati davvero tanti gli anni che gli Obituary hanno passato in stato di ibernazione. E se vogliamo dirla tutta, l’ultimo album prima della lunga parentesi di silenzio a cavallo dei due millenni (“Back From The Dead”), non era certo un capolavoro. Insomma, i fratelli Tardy ci dovevano qualcosa di più e la presente nuova release è il miglior modo possibile per cominciare a saldare il debito nei confronti dei fan, che tanto a lungo hanno atteso. È bello risentire nuovamente il growling inconfondibile di John Tardy, così come il suono cavernoso delle chitarre di Allen West e Trevor Peres, un suono che sembra provenire davvero dal passato glorioso della band. In effetti per tutto il disco permane la sensazione che il quintetto floridiano abbia voluto riportare la propria proposta a quelli che sono stati i fasti di lavori epocali per il death come “The End Complete” e “Cause Of Death”: un titolo come “Frozen in Time” in questo senso è inequivocabile, così come la scelta di affidare l’artwork alla nota immaginazione di Andreas Marshall. E questa nuova fatica targata Obituary non delude minimamente le aspettative. Dalla strumentale opener “Redneck Stomp” alla perla conclusiva “Lockjaw” (puro death metal vecchia scuola, ma non solo…) non c’è un attimo di tregua: sono 34 minuti tiratissimi tra mid tempo ruvidi come granito e sfuriate tanto essenziali quanto violente. “On The Floor”, con quel suo refrain malsano e penetrante, può ambire sicuramente alla palma di brano migliore del lotto, senza però dimenticare la ferocia isterica di “Insane” o l’incedere maestoso e sconvolgente di “Slow Death”. Difficile non essere soddisfatti di un ritorno del genere, soprattutto se consideriamo i sei anni di inattività per i quali gli Obituary erano per molti ormai relegati nel più polveroso dei dimenticatoi. Ovvio che c’è ancora qualcosa da mettere a posto, qualche episodio meno riuscito (“Mindset” è fin troppo scialba e scontata ad esempio), ma per il momento questo “Frozen In Time” appare in ogni caso come il più incoraggiante primo acuto di una seconda vita artistica che potrebbe riservarci ancora grandi sorprese.
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