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METHODICA: Clockworks

data

06/10/2020
65


Genere: Progressive Metal
Etichetta: Unsigned
Distro:
Anno: 2020

Apprezzati nel panorama progressive sia italiano che estero, i veneti Methodica giungono alla pubblicazione del terzo album ‘Clockworks’, che sostanzialmente presenta un progressive rock/metal piuttosto classico e convenzionale. Nella varietà delle canzoni che formano l’album, si possono intuire molti rimandi ed influenze vicine a parecchie realtà del genere, dai redivivi Psychotic Waltz agli Haken, passando per gli attuali Queensrÿche ed anche per gli Anathema più recenti ed atmosferici. ‘Clockworks’ presenta brani che alternano durate più contenute ad altre invece più prolisse ed articolate, dove sono più presenti soluzioni che cercano di costruire un sound più vario. L’impressione che si percepisce, man mano che si ascolta l’album, è quella di un prodotto musicalmente ben fatto, ma che manca di quel mordente, di quello scatto propulsivo capace di poter far svoltare un brano, piuttosto che l’intero disco. Questa carenza di spinta la si può sentire, per esempio, nelle linee vocali di Massimo Piubelli, le quali non riescono a raggiungere le vette sperate nonostante tutto l’impegno nel provare a centrare l’obiettivo, che viene quindi parzialmente raggiunto. Passando la palla, invece, nella parte strumentale e degli arrangiamenti, come detto si è di fronte a soluzioni prevalentemente canoniche, che possono essere apprezzate dagli appassionati più fedeli del genere, faticando però a raggiungere il salto di qualità. Intravediamo, comunque, buone soluzioni e costruzioni, soprattutto nella parte centrale dell’album dove troviamo “Before The Wrath”, classico esempio di come si suona un dignitoso progressive. “Shooting Stars”, brano dal sound particolarmente languido, fa da preludio a “A Dystopian Tale”, buon brano che vede l’illustre partecipazione di Todd La Torre, vocalist attuale dei Queensrÿche che dà quel tocco di colore che serve per dare qualità al brano. Interessante, inoltre, “1994”, brano che alterna momenti eterei che ricordano con particolare evidenza gli Anathema, con quel modo di cantare che usa Piubelli che ricorda molto da vicino lo stile di Vincent Cavanagh, a frangenti più poderosi degni di tanto progressive metal che è stato scritto negli anni. Infine, si avverte la presenza in alcuni brani di soluzioni dubstep che, se per brani come il già citato “A Dystopian Tale”, possono essere parte interessante del brano qualora rimangono circoscritti in pochi frammenti, difficilmente trovano un senso logico in un pezzo come quello che chiude l’album, “Nail In My Hand”, rivisitazione di un brano contenuto nel primo album 'Searching For Reflections' che in questa versione essenzialmente electro-dub, di fattura tutto sommato sufficiente, stona però in maniera importante rispetto al resto dell’album. ‘Clockworks’ si rivela quindi un discreto album, ricco di alti e bassi, dalla durata forse un po' eccessiva,  che fa mantenere i Methodica in quella linea di galleggiamento e di ibridazione tra l’essere una band davvero importante che vuole imporsi nella scena progressive, e una realtà che invece sembra bloccata in una sorta di palude formata da idee ancora  incerte e di difficile risoluzione. Dopo ‘Clockworks’ risulta necessario ancora maggiore coraggio e fiducia nei propri mezzi, perché le qualità per fare bene ci sono.

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