MASTER EXPERIENCE: BILLIONS OF GRAINS
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12/11/2012Gruppo che vanta una solida esperienza in sede live, gli italiani Master Experience debuttano con questo 'Billions of Grains', sorta di concept album dai toni futuristici (ben descritti anche dall'artwork di copertina) con un sound influenzato pesantemente dagli statunitensi Fates Warning tanto che a volte la voce del cantante, Matteo Beneventi, sembra ricordare il miglior Ray Alder, cosa che forse non può che influire sull'originalità della proposta. Il disco in se è sicuramente prodotto in maniera egregia, suonato in maniera precisa e convincente, ma in qualche modo privo di momenti memorabili o trascinanti, sintomo di un'approccio esecutivo nel quale i cinque musicisti Emiliani tendono forse a specchiarsi un po' troppo. L'apertura del disco spetta a una delle due appendici di "October", in questo caso "October Part One: Another Day Has Gone" che non è altro che un'introduzione ricca di pulsazioni elettroniche e rumori di fondo che nel complesso ricreano una discreta atmosfera, mentre con "The Shout" il gruppo riprende apertamente le atmosfere strutturate, ma melodiche tipiche dei già citati Fates Warning, con complesse parti strumentali (rigorosamente dispari) e accellerazioni improvvise. Con la successiva "Mind Control" le atmosfere si rilassano e si dilatano sensibilmente, con le note di pianoforte che a tratti sembrano danzare sull'acqua, e con la chitarra che attraverso l'uso di poche note rende tutto più sfuggente e indefinito tranne che nell'aggressiva parte finale. Da adesso in poi le tracce mostrano sempre una discreta fusione tra momenti aggressivi ricchi di sfumature elettroniche, e riff davvero potenti come in "The Audience", a momenti apparentemente più pacati e distensivi (come in "Multitude Of Solitude"), senza però fare gridare al miracolo a causa di un'esecuzione strumentale a tratti leggermente fredda. "Mass Destruction" a grosse linee mostra sempre gli stessi difetti delle altre tracce, inglobando a se diverse atmosfere (si viaggia indifferentemente tra vorticosi riff di chitarra e parti strumentali più controllate), mentre con la seconda parte di "October" ("October part Two: I Return") la band non riesce a scrollarsi di dosso le pesanti influenze a cui il gruppo si ispira, riducendo il tutto ad un semplice "copia e incolla", chiudendo il disco in maniera non del tutto convincente.
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