LYCUS: Chasm
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14/01/2016Ci hanno mentito, anzi no siamo noi che ci siamo voluti lasciar ingannare, perché non volevamo crederci. Continuare a rassegnarsi ad associare 'Chams' dei Lycus al solo funeral doom metal è un offesa stessa al loro operato: il loro mutamento. A differenza d'altri colleghi bene ancorati nei loro sicuri porti, i Lycus mollano l'ormeggio puntando verso mete lontane, costernate d'influenze inattese che arricchiscono il loro bagaglio quali black, death e darkwave. Possibile, mi dirai? Come possono convivere sfaccettature così diverse in un unico disco, che fa di una notevole quantità di minuti per una ristretta cerchia di tracce le sue fondamenta? Strutturalmente il funeral doom è famoso per la sua ossessione nel ripetersi, lasciando poco spazio a torbide fantasie, poggiandosi su riverberi e delay infiniti associati a melodie lasciate in mano alle tastiere, utili a creare le cupe atmosfere. In 'Chasm' ognuna di queste tracce è un frammento a se stante, costruito in un micro universo dislocato dal precedente, cui unico anello di congiunzione è il pressante growl del batterista Trevor Deschryver, il direttore d'orchestra. Quando i suoi arti iniziano a scatenarsi in inaspettati blast beat di breve durata, il cielo della prima traccia “Solar Chamber” mutua una tempesta distruttiva. “Chasm” con i suoi toni pacati ci accompagna alla terza traccia, “Mirage”, certo la più breve con i suoi solo sette minuti e mezzo, ma non da prendere sotto gamba con il suo insalubre finale, che ti trascina in sabbie mobili dalla rapida morte al primo passo falso commesso. Un amico mi disse che ciò più apprezza del funeral doom sono le tastiere, perché ne rinvigoriscono l'aria pressante, e che altresì in loro assenza avrebbe abbandonato dopo neanche un minuto dall'ascolto. Io venderei tutte le tastiere del mondo oggi per ascoltare un altro lavoro della violoncellista Jackie Perez Gratz con un gruppo funeral doom metal. “Obsidian Eyes“, ad esempio, in sua assenza sarebbe stata una traccia priva di quel mordente che me ne ha fatto innamorare, non diversa da qualsiasi singolo doom abbia mai ascoltato. Lei è la luce che risplende nel cupo ambiente disegnato dal nostrano artista Paolo Girardi, nonchè perno portante della melodia di 'Chasm'. Un album maturo, che necessita di più ascolti approfonditi per carpirne appieno il succo.
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