LEADFINGER: Silver & Black
data
14/03/2022Greenlights per i Leadfinger, dalla velata attitudine punk! Dalla terra dei canguri, dopo un “giallo” lungo cinque anni, interruzioni spiacevoli, ma il loro fondatore e songwriter Stewart Cunningham, detto “Leadfinger” (dito indice), chitarrista underground australiano in più band (pre-grunge, garage, R&R), ha capacità nell’affrontare l’inevitabile (un polmone fuori uso), ed ora per lui via libera: con tempismo “flusso musicale” da semaforo verde! Lunga gavetta per il veterano di Wollongong, ora con formazione garage a quattro (senza tastiera), propone un rock & roll d’autore, due chitarristi, accelerazioni da sei corde irlandesi, assenza di distorsioni da The Stooges, suono brillante e al tempo stesso vintage, un classico rock australiano con arrangiamenti solari da The Saints (nuvole bianche), che sfocia a tratti in un post-punk per le sonorità scure da The Cult (nuvole nere). E un garage reinterpretato. E’ un modo alternativo per trattare un’eredità musicale. Giunti al sesto album i Leadfinger si concentrano nel leggere le sfumature della vita e a renderle concrete in ‘Silver & Black’. Nella loro discografia, come in molte garage band, brani troppo simili che si susseguono l’uno all’altro, senza lasciare segno; ostacolo superato! Creano dei singoli piacevoli e comunicativi, con un linguaggio quasi trasversale. Voi fate come me: diffidenti al primo ascolto e provate a cogliere gli innesti che danno respiro. L’inizio con "Dodged A Bullet" è sommesso, quel cadenzato tipico dell’alternative rock/stoner da QOTSA, annoiato e strisciato (non mi convince), finchè un’armonica a bocca (eccola la sfumatura), mi invita a credere, ed una sei corde corregge la punteggiatura ad una melodia da Rolling Stones. Con "One More Day" mi ricredo subito: intro da primo e classico R&R (e penso ai nostri italianissimi Mad Dogs), groove grezzo dal suono spigliato e piede da pestare! Poi la voce con accento straniero, ma in italiano, viene assorbita dal leggero riverbero delle chitarre “ho guardato il muro, è stato allora che ho visto le paure…”. Sfumature. Anche un “non vedente” al solo ascolto di "Slepping Dogs" potrebbe “vedere”, quale armonia gioiosa possano creare due chitarre; fraseggi che si intrecciano in un gioco musicale: si rincorrono, si arrestano, prendono fiato, “scodinzolano” le percussioni, ed i riff preparano l’agguato! (Non guardare indietro al giorno in cui sei morto, continua a muoverti e a rimanere in vita). "Find The Words" è maledettamente grigia e bella. Epica e trasversale "The Fall Of Rome" mi conduce a suggestioni dai “primi” U2, multi-effetti da accelerazioni dalle dita di The Edge e cori da "New Year’s Day" nel ritornello. E ancora brividi per la scrittura. Chiude l’album la pittoresca "Here Come The Bats". Ne consegue un progetto musicale più prezioso, che può ottenere un riconoscimento anche oltre la loro terra di origine. E’ il passaggio da un rock più garage australiano ad un rock, con melodie più legate al rock classico internazionale. Analogo percorso lo fecero gli australiani The Saints con "All Fools Day" nel 1986 e che riservò loro un apprezzamento anche in America! Nel 2014 The Boss li omaggiò nell’album ‘High Hopes’ con una sua fedelissima interpretazione di "Just Like Fire Would".
Leadfinger
22/04/2022, 23:59
Fantastic, thanks for the review!!