INNER WISH: SILENT FACES
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12/03/2004Quando un gruppo si presenta come "melodic power metal band" non si sa mai bene cosa aspettarsi, tanti e tali sono stati gli alti e bassi cui ci ha abituato questa scuola. Nel caso di "Silent Faces" l'ascolto ci rivela un album valido, ben scritto, intenso. Il cambio di line-up dopo il debut "Waiting For The Dawn" del 1998 ha fatto bene agli Inner Wish, che tornano con questo lavoro a farci gettare uno sguardo alla scena greca, sollevando l'interrogativo se si tratti di un caso fortuito o se la loro patria stia custodendo gioielli simili all'insaputa del pubblico internazionale. Ciò che è certo è che questo "Silent Faces" si inquadra perfettamente nella tradizione melodic power senza però essee un clone di qualcos'altro, senza cadere negli stereotipi stilemici triti e ritriti, regalandoci anzi una bella prova di individualità del gruppo e del prodotto. Il songwriting è notevole: le influenze di gruppi del calibro di Riot, Queensryche et similia sono evidenti ma non esagerate, dando l'impressione di trovarne degli allievi e non degli emuli. Alexandropoulos ha una voce calda, espressiva, e non cade nel tipico errore di prodigarsi in acuti non appena se ne presenti l'occasione, tenendosi anzi piuttosto basso nei toni e puntando alla costanza; Mazarakis segue bene Moros, col quale forma un ottimo scheletro per la collaudata coppia Krikos - Tsigos, unici superstiti della prima line-up. Se da encomiare è la scelta, fatta da tutti e cinque, di non esagerare nel proprio campo, bisogna purtroppo segnalare una leggera incostanza nella stesura delle lyrics, tendente in generale alla prevedibilità. Emergono tra questi dieci pezzi un paio di titoli in particolare, dall'impatto più diretto: "Hold Me Tight", "Hold On" e "Set Me Free". La prima è la traccia più coinvolgente, dalle ritmiche un po' più vivaci rispetto al resto dell'album; la seconda ha un che di coralità epica ed un'impostazione ritmica e melodica intermedia tra "Hold Me Tight" e "Set Me Free"; quest'ultima infine è uno dei due pezzi più evocativi, insieme alla title-track, ed è decisamente più completa di essa.
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