HANDFUL OF HATE: HIERARCHY 1999
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11/10/2009Come descrivere un disco come questo? Poco più di mezz’ora, una dichiarazione di guerra che non lasciava, e non lascia tutt’ora scampo a nessuno. Seppur molto criticato per via dei suoni, che non sono ritenuti all’altezza dei brani, c’è da dire che l’atmosfera che si respira è davvero unica. Uno dei motivi per cui i suoni di H99 sono così, è da ricercare nel modo non proprio professionale di lavorare della Northern Darkness, che al tempo impose ai ragazzi di registrare il disco a Torino (Dracma Studios, con la visione di Carlo Ortolano). E i motivi di budget poi fecero il resto. La prima scossa definisce una formazione a quattro, con Marco alla seconda chitarra, Enrico Santi al basso e Gionata alla batteria. Ogni singola traccia, viaggia a velocità folli, se non fosse per la doomeggiante "Submission", che solo negli ultimi minuti ci concede un ritorno al tipico brutale black metal della band. "Master’s Pleasure", definisce in musica e non solo, il concept tanto caro a Nicola, quelle tematiche dedite alla carnalità, e sesso estremo che ad ogni disco verranno definite sempre in modo migliore ed ossessivo. Se da una parte il discorso del sound sembra influire negativamente sul cd, i brani presenti in Hierarchy si distinguono per tante particolarità, e presentano degli spunti davvero interessanti, tutt’oggi ancora molto validi: esempi sono dati da "Disparity", che s’innalza come una tempesta di fuoco, e la finale "The Rise Of Abomination", glaciale e tagliente al punto giusto. Certi brani fanno veramente paura, altri invece, incuriosiscono per quanto siano ancora dannatamente attuali: un’eccessiva brutalità che oggi è difficile trovare nel made in Italy.
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