WINTERBORN: FAREWELL TO SAINTS
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19/05/2009"The coldest Finnish heavy metal band", per sua stessa definizione, fa il suo ritorno sulle scene con il secondo album 'Farewell To Saints'. Stiamo parlando degli scandinavi Winterborn che esordirono grazie alla Massacre Records nel 2006 con l'album 'Cold Reality'. Tre anni e tre cambi di line-up. O per meglio dire un nuovo innesto, il chitarrista Anti Hokkala, e due nuovi membri al basso e dietro le pelli della batteria. Tre anni che dimostrano maturità rispetto ai tempi del già valido disco d'esordio grazie ad un ulteriore personalizzazione del sound, a scapito di soluzioni troppo a là Sonata Arctica, che ora propone i Winterborn in una versione ruvida ed elegante al tempo stesso, volta a soluzioni maggiormente legate al Prog moderno. La voce di Teemu Koskela nello specifico riesce a fare la differenza infondendo nell'ascoltatore, grazie al suo timbro sporco e potente, entusiasmo e curiosità che lo portano ad ascoltare con piacere questo 'Farewell To Saints'. Con le tracce d'apertura si punta al coinvolgimento, grazie alla "gigiona" "Black Rain" e alle schitarrate ruggenti di "Chaos Dwells Within", per poi dedicarsi al brano più riuscito del lotto, che in verità sono due. Stiamo parlando di "Overture 1939" e "The Winter War", due pezzi che accomunano la stessa melodia del ritornello proponendola prima nella struggente chiave acustica (con qualche pecca di Koskela nelle strofe) e poi in una riuscita chiave metal. C'è spazio anche per la facilissima "Land of The Free" e per la melodica "Emptiness Inside", riuscita sì ma con una pistola puntata contro il piano che grida "questi sono i Sonata Arctica". Menzione speciale per la Thrash-oriented "Last Man Standing", una piacevole ed inaspettata dose di adrenalina, e per la pretenziosa suite conclusiva "Another World". Un episodio maiuscolo che non andrà ad intaccare le vostre convinzioni riguardo alla musica, un album ancora ben lontano da suonare come rivelazione ma che si propone in modo ben più che dignitoso e convincente. Non ho sentito pressoché niente di innovativo, ma in questo campo un disco così mancava da un pò.
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