HAMMERS OF MISFORTUNE: THE LOCUST YEARS
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26/09/2006Band nota più che altro per essere la costola dei sempre più lanciati The Lord Weird Slough Feg, gli Hammers Of Misfortune sono ben più che un misero interesse addizionale per i fanatici dei cult heroes di San Francisco. Musicalmente parlando creatura del chitarrista di questi ultimi John Cobbett, vedono la partecipazione di Mike Scalzi non in veste di leader ma di comprimario, una sorta di "inversione" rispetto a quanto avviene nella band madre. I nostri si sono già fatti notare per due ottimi prodotti quali "The Bastard" e "The August Engine", dischi che mettevano in luce una spiccata vena melodica, una certa attitudine progressiva/sperimentale e un amore per le "architetture musicali" di discendenza maideniana. Gli anni della Locusta (suppongo un concept come al solito, ma non mi è dato purtroppo conoscerne l'argomento... anche se colgo qua e là riferimenti medievali taccio per timore di sbagliare!) portano la band a un nuovo livello di sperimentazione. Le tentazioni quasi estreme e melodic death metal di "The Bastard" sono definitivamente scomparse, e viene lasciato ampio spazio alla bellissima voce di Jamie Myers, dotatissima singer in costante duello con le robuste e virili linee vocali di Mike Scalzi. Musicalmente parlando, il disco prosegue il discorso di "The August Engine", ma si apre a tutta una serie di novità che non mancano mai di stupire! Se finora quello degli Hammers Of Misfortune era una sorta di heavy metal tecnico, fantasioso ed elaborato, stavolta il prog è davvero dietro l'angolo: per quanto ritmicamente parlando prevalgono ancora i 4/4 di ottantiana memoria, le ritmiche di chitarra intricate, i numerosissimi inserti melodici (davvero azzeccati!), la comparsa di un magico organo hammond che sa tanto di Profondo Porpora, mostrano una band ormai perfettamente consapevole dei propri mezzi. Addentrarsi nella descrizione potrebbe essere tedioso: mi limito a dire che quello che è rimasto invariato è il sapore malinconico e decadente accostato a una grandeur epica sapientemente evocata da marce militaresche e riff estremamente debitori al grande heavy/epic del tempo che fu. E, quel che più conta, questo disco è davvero bello e coinvolgente, dalla prima all'ultima traccia... forse la consacrazione definitiva di una band incredibilmente passata inosservata. Gli Hammers Of Misfortune, insomma, si fa prima ad ascoltarli che a descriverli: una band coraggiosa e capacissima, per certi versi unica nel suo unire inossidabile heavy metal a velleità sperimentali/romantiche/decadenti. Potrebbero mettere d'accordo un po' tutti, se solo ci si desse la pena di scoprirli! Onore alla Cruz del Sur che continua a supportare degnamente una band di prima grandezza dell'attuale panorama heavy e non.
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