FUNERAL ORATION: Eliphas Love
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13/09/2019Un ritorno preponderante sulle scene dei pugliesi Funeral Oration. Dopo 23 anni di assenza dalla scena black metal, 'Eliphas Love' incendia col suo fuoco nero gli animi dei nostalgici e dei moderni ascoltatori. Cos’è cambiato dal loro unico full-lenght ‘Sursum Luna’? Sicuramente la proposta è roboante ed all'altezza delle aspettative, come se fosse passato solo un anno; la formazione è praticamente identica eccetto la mancanza del bassista Malfeitor Fabban, ormai da anni alle prese con il suo progetto Aborym. The Old Nick e Luca La Cara rimangono i compositori principali, si respira tutta l’essenza degli anni in cui questo genere muoveva i suoi primi passi, con il piacere di sentire i testi declamati in italiano. Poche tracce, ma dal valore estremamente alto. Il sound e le atmosfere sono legate alle realtà norvegesi che hanno fatto storia come Mayhem, Darkthrone ecc., ma vi è un lato che fa riferimento ai grandi nomi della nostra penisola, Mortuary Drape, Opera IX, come anche qualche spunto che ci riporta ai vecchi film horror di Dario Argento quindi Goblin ed Enrico Simonetti; la sezione di sinth e tastiere, di conseguenza, viene posta in primo piano, davvero caratteristica e particolare. Il riffing risulta molto articolato, ma d’impatto, ricco di cambi di tempo e diverse sfumature. La parte testuale, davvero ben curata, è una reinterpretazione delle opere di A. O. Spare, M. Rollinat, A. Saint-Yves D'Alveydre e S. De Guaita, poeti e occultisti vissuti tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. I temi di misantropia, nichilismo, occultismo e satanismo sono cantati molto più teatralmente, come un manifesto nero da spiattellare in faccia ai ben pensanti ed ai moralisti. Già con “Furor Eretico” la band dimostra di essere fautrice di questo appellativo; sono liberi pensatori, intellettuali che ci urlano in faccia il loro pensiero, per quanto possa sembrare contrario al pensare comune. Con “Anatema Di Zos” la realtà sfacciata viene sempre più illuminata come dall’autore Austin Osman Spare nel “Discorso agli Ipocriti”. “L’abisso” è il brano più rappresentativo dell’album che incarna tutte le peculiarità del gruppo. Vi è anche lo spazio per approfondire il lato strumentale, davvero variegato, in “Marcia Funebre” dove il black si fonde con il prog per creare un brano strumentale che ci fa rimanere sorpresi ed ammirati dalla potenza tecnica e l’ottimo songwriting. Finalmente un album di grande black metal, mai scontato e di egregia fattura.
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