CELTIC FROST: MONOTHEIST
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12/06/2006A volte ritornano. A volte ritornano, anche quando non dovrebbero. Per anni Tom G. Warrior ha negato la tanto sperata resurrezione dei Celtic Frost (autori di robetta come “Morbid Tales”, “To Mega Therion” e “Into The Pandemonium”, pionieri del concetto stesso di avantgarde metallico) gettando continuamente acqua sul fuoco di una possibile reunion. Nemmeno un serrata campagna di ristampe nel 2001 fece cambiare idea agli ex membri della band; nel 2004, invece, ecco la notizia che tutti speravano. I Frost si rimettono insieme con qualche inevitabile cambio di line-up per suonare dal vivo e soprattutto incidere un album, che arriva ora nei nostri stereo. “Monotheist”, co-prodotto dalla band insieme a Peter Tägtgren, secondo i pronostici non avrebbe potuto deludere nessuno visti i nomi coinvolti e la genialità musicale delle menti compositrici. E invece “Monotheist” è la sorpresa più amara di questo 2006, finora. Che i tempi siano cambiati e i Celtic Frost non potessero riproporre le stesse cose degli anni ’80 era palese; questo ritorno sulle scene gioca dunque molto su atmosfere plumbee e oscure, un miasma nel quale le accelerazioni sono ridotte al lumicino (giusto la discreta opener “Progeny” e poco altro più avanti) per fare spazio ad antri di desolazione e solitudine. Il problema è, siamo davanti a una sorta di lagna che si protae per quaranta minuti; quaranta minuti di riff ripetitivi, composti perlopiù coi piedi e idee pressochè assenti. Viene solo da chiedersi perchè. Perchè? Perchè “Ground” è uno dei pezzi più brutti mai ascoltati da orecchio umano con il suo ‘oh god why have you forsaken me’ ripetuto mille volte, perchè i buoni spunti di brani come “A Dying God Coming Into Human Flesh”, “Os Abysmi Vel Daath” o la lunga “Synagoga Satanae” si perdono nel pattume più triste e avvilente. Questi non sono i Celtic Frost; questi sono solo tre (anzi, due) signorotti dal passato glorioso che hanno ripreso in mano un giocattolo che non sanno più far funzionare. Io non voglio premiare una cosa del genere. Non voglio premiare un disco che se non avesse scritto sopra Celtic Frost, Century Media e Peter Tägtgren se lo filerebbero in cinque. C’erano più CF negli Apollyon Sun che in “Monotheist”. Addio.
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