BONGZILLA: Weedsconsin
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04/05/2021Lo stoner-doom è quel sottogenere dell’hard’n’heavy che, praticamente da sempre, ha avuto un rapporto che si potrebbe dire intimo, al limite del morboso, con l’utilizzo delle droghe “leggere” (per così dire…). Tante band, famose e meno famose, hanno spesso posto marijuana e simili al centro delle loro ispirazioni musicali e delle loro tematiche, facendone un vero e proprio stile di vita, quasi un appoggio di cui non se ne può proprio fare a meno. La band che, probabilmente, più di tutte ha elevato quasi come una divinità questa pianta tanto cara agli sballoni (ed anche a quale insospettabile in giacca e cravatta…) sono i Bongzilla, che da sempre hanno rappresentato il significato dell’acidità, dello straniamento mentale, della botta violenta tradotto in musica pesante. In questi anni si sono sempre fatti vivi tra un festival e l’altro, tra una scorribanda sui palchi e l’altra, alimentando sempre il verbo del buono e denso fumo e dell’erba sempre più verde, consolidando il loro ruolo di pionieri del cosiddetto “weed metal”. Dall’altro lato (ed è quello che interessa maggiormente) il loro segna un ritorno discografico a distanza di sedici anni dal loro ultimo album ‘Amerijuanican’. Il loro ritorno intitolato ‘Weedsconsin’, che omaggia la loro terra di origine, non poteva non coindicere con la data simbolo degli amanti della weed: il 20 aprile, 4/20, data che simboleggia il culto della marijuana in tutte le sue sfaccettature, da quelle ludiche finanche al suo uso terapeutico. Inoltre, orgogliosamente, il nuovo album è pubblicato per la nostrana Heavy Psych Sounds, altro soggetto che appoggia volentieri il culto della weed. Il contenuto musicale, come ovvio che fosse, non cambia assolutamente di una virgola il loro stile e il loro credo: chitarra, basso e batteria che scavano fosse sotto i nostri piedi, ritmi psichedelici in perfetta armonia con la sana voglia di fumarsi un bel cannone pieno di THC, e la voce sempre marcia di Mike “Muleboy” Mukela ad incrementare ulteriormente l’atmosfera acida che invade i nostri spazi. Dagli amplificatori rombano brani come “Free The Weed”, “Space Rock”, “Sundae Driver” e l’adrenalina si impenna, facendo scapocciare violentemente gli ascoltatori. Proseguendo, ci si imbatte in brani come la maratona “Earth Bong / Smoked / Mags Bags” e “Gummies” che, con il loro andamento cadenzato e continuo, fanno da perfetta colonna sonora a quei momenti in cui sembra vitale affidarsi completamente al sano profumo della marijuana. Come si può ben notare, titoli e testi dei brani riassumono perfettamente l’unico e il solo credo di Bongzilla: il culto della ganja. E li si ama proprio per questo, per questa loro coerenza che vuole evitare qualsiasi tipo di bigottismi vari, e che vuole testimoniare la loro passione per una libertà artistica e personale che non accetta qualsivoglia proibizionismo.
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