BONGZILLA: AMERIJUANICAN
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08/11/2005Quale associazione di idee è più immediata quando si ascolta un disco dei Bongzilla se non skunk a palate, montagne rocciose e slow sludge? I quattro di Madison non si sono mai sforzati più di tanto per ampliare immaginario e proposta musicale che ha sempre guardato verso Black Sabbath, Eyehategod (veri maestri dello sludge più incatramato), lo stoner rock dei Kyuss e il logorante sound dei Melvins. Quell'essere inevitabilmente legati ai 70s riuscendo a coinvolgere con dei riffoni slabbrati, a volte eccessivi e un suono grasso e sporco come una macchia d'olio su una strada polverosa, ha fatto guadagnare alla band un posto d'onore all'interno del movimento e un discreto seguito di pubblico. "Amerijuanican" come coinvolgimento globale non raggiunge i livelli del precedente "Gateway", ma è comunque una prova più che positiva, che sazia tutti i palati alla continua ricerca di scariche di note provenienti da una Gibson satura. La title track è puro groove, uno dei pezzi migliori composti dal gruppo capace quindi di avvicinare "Stone a pig" e "Keefmaster", con quel riff trascinante e l'assolo bluesy. Non manca il solito approccio vocale forsennato di Muleboy e il drumming di Magma che in alcuni casi - vedi "Tri-Pack Master" - si fa più martellante del solito. La strumentale e interminabile "Stonesphere" mostra la faccia più eccessiva del gruppo, fatta di linee di basso distorte, dissonanze, lunghe ed ossessive ripetizioni. Sfiancante ma tutt'altro che noiosa. In chiusura troviamo la cover di "Champagne & Reefer" del blues-man Muddy Waters, rifatta ovviamente in versione Bongzilla mantenendo comunque intatto lo spirito originario del pezzo. Un disco fatto da persone non proprio lucide per persone altrettanto poco lucide. Straightedgers statene alla larga.
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