MESSA
Dopo il brillante esordio 'Belfry', i veneti Messa sono tornati quest'anno (sempre con l'etichetta Aural Music) a dare alle stampe un nuovo lavoro discografico che punta sulle caratteristiche spirituali e ritualistiche dell'elemento dell'Acqua, fonte vitale di crescita umana e spirituale. Con 'Feast For Water' la band mette in musica questo elemento puntando su un doom metal assolutamente non tradizionale e monolitico, bensì giocando su raffinatezza, eleganza e charme che hanno molto a che vedere con dimensioni jazz e soul. Sul nuovo album e sulla dimensione occulta della loro musica ne abbiamo parlato con il bassista Marco, mente principale del progetto Messa.
Ciao Marco. Torniamo un attimo ai vostri inizi artistici come Messa, ai primi live fino al vostro precedente album ‘Belfry’ ed all’accoglienza che ha avuto. E’ stato un percorso breve ma molto intenso, partito dall’essere una band quasi totalmente sconosciuta, fino a diventare tra le più interessanti affermazioni della scena doom underground, anche al di fuori dei nostri confini. Vi aspettavate quest’accoglienza così positiva e queste belle parole spese per ‘Belfry’?
Sicuramente non ci aspettavamo delle risposte così positive! Ci siamo limitati a fare ciò che ci piaceva, ovvero creare musica. Suonare e scrivere per noi sono delle vere e proprie necessità. Siamo molto felici di essere stati accolti così bene, negli ultimi due anni abbiamo avuto l’occasione di fare esperienze grandiose.
Il motivo del vostro successo, secondo me, è anche dato dal fatto che voi trattate questa branchia del metal con notevole personalità, partendo da basi quali Jex Thoth, The Devil’s Blood e via discorrendo per musicisti simili, e poi tracciando una vostra strada che vi configura come Messa. Quanto sono importanti queste ispirazioni per voi, e quant’è importante il vostro affiatamento che è vitale per comporre una musica così convincente?
Ognuno di noi ha le proprie influenze e gusto personale, e vengono incanalate in questo gruppo con intensità. Siamo quattro individui estremamente diversi, anche caratterialmente. Prima di tutto, pensiamo che in una band per lavorare bene ci sia bisogno di stima e rispetto reciproco. Sono fondamentali per la collaborazione. Senza contare che è necessario accettare personalmente i propri limiti e dialogare con le parti più oscure di sé stessi. La musica viene dopo. Sicuramente ascoltare gruppi come Windhand, Bohren und Der Club of Gore, Urfaust, per citarne alcuni, hanno avuto un impatto sul nostro suono e sulle nostre creazioni. Ma siamo tutti d’accordo nel dire che preferiamo proporre qualcosa di personale piuttosto che fare del citazionismo e presentare qualcosa di già sentito.
Il vostro nuovo album si chiama ‘Feast for Water’. Dal titolo, sembra che vogliate fare un elogio a questo fondamentale elemento della Natura. Nell’album, in particolare, cercate di trattare gli aspetti più misteriosi e ritualistici dell’Acqua. In che misura risulta importante per voi questo elemento, e come mai l’avete tradotto in musica?
Abbiamo scelto questo elemento perché rappresenta l’inizio, la semplicità, la potenza, ed è uno strumento d’iniziazione nelle cerimonie e nei rituali. Abbiamo concepito ‘Feast for Water’ come un seguito di ‘Belfry’, sia musicalmente che concettualmente. Nella copertina del primo disco, il soggetto della fotografia è un campanile per metà sommerso, locato in Trentino Alto-Adige. Abbiamo immaginato che il suddetto campanile chiamasse a sé i fedeli prima della cerimonia, per poi trascinarli nelle profondità acquatiche dell’abisso. Il sottotitolo infatti è ‘After the call comes the diving deep’. La copertina di ‘Feast for Water’ rende perfettamente il concetto in questione. La fotografia è stata scattata in pellicola da Loris Savino, e fa parte del suo progetto ‘Emergence’.
Ritenete più importante quest’elemento rispetto ad altri elementi quali l’Aria, la Terra ed il Fuoco?
No, tutti gli elementi sono fondamentali. Ognuno ha delle peculiari caratteristiche che non appartengono agli altri. Semplicemente, l’acqua è stata scelta perché aveva un significato per noi e per il percorso scelto per questo secondo disco.
Nella copertina è raffigurata una persona che si tuffa in acqua in modo impetuoso. Quale dimensione pensate che trovi questa persona una volta immersasi nelle profondità acquatiche?
A partire dai suoni e dall’approccio compositivo, volevamo materializzare in musica il senso di apnea fisica e mentale. Quella sensazione che preme le ossa e le carni, ma allo stesso tempo ti accompagna nell’ignoto profondo, dando un tetro senso di tepore e salvezza.
Avete anticipato il nuovo album con “Leah”, un brano che fin da subito crea un impatto roboante, tumultuoso. Anche a voi dà lo stesso impatto una volta che l’avete scritto, composto e quando siete intenti a suonarlo? E qual è la vera storia che si cela dietro “Leah”?
‘Leah’ è stata la prima canzone nata dal lavoro svolto per creare ‘Feast for Water’. E’ una canzone che ci ha aiutato a capire quale fosse in sentiero da seguire per il nostro secondo disco. E’ ispirata alla figura di Leah Hirsig, la donna scarlatta di A.C. ai tempi dell’Abbazia di Thelema. Il testo è nato dopo una giornata primaverile trascorsa proprio in quel posto.
Un’altra gemma che ho potuto notare nell’album è l’accoppiata “She Knows” / “Tulsi”. Il doom raffinato che è il vostro marchio di fabbrica, ancor più in quest’album rispetto al precedente, che incontra le atmosfere jazz tipiche dei fumosi club vecchio stile. Questi generi come il jazz e il soul erano già nelle vostre corde, o avete cercato in questo specifico album di scoprirli e di provare a fare qualcosa che potesse essere interessante?
Tutti abbiamo ascoltato jazz e soul in passato e continuiamo attualmente a farlo, sono due generi che apprezziamo molto. Alberto (chitarra) sta per laurearsi in Chitarra Jazz al Conservatorio, e ha iniziato a suonare il piano grazie ai suoi studi. Sicuramente la scelta di inserire il Fender Rhodes ha avuto la sua importanza nell’ambiente che creano questi brani, assieme agli accordi che abbiamo usato. La presenza di questo strumento ci ha permesso di sfruttare ancora di più la creatività e di trovare soluzioni diverse e meno scontate perlomeno per quello che riguarda il doom. Nel caso di ‘She Knows/Tulsi’ abbiamo cercato di far coesistere due parti della stessa anima : quella più soft e oscura, e quella più dinamica ed energica. Ci sono contrapposizioni tra dinamiche diverse, sia nell’andamento generale del pezzo che sulle ‘singole’ sezioni, ma soprattutto ci sono universi tonali molto distanti dal metal.
Anche in ‘Feast for Water’, la prestazione vocale di Sara la reputo molto convincente. Che sensazioni le dà cantare brani di questa fattura, e che sensazioni vi dà avere al vostro fianco una figura come lei?
Sara è sempre presente in sala prove, anche quando il resto della band compone le parti strumentali. E’ necessario perché tutti e 4 siamo parte della creazione di questi brani. Quando lavoriamo su una nuova canzone, deve piacere a tutti, nessuno escluso.
Inoltre, chi osserva dall’esterno nota soprattutto la figura di Sara come quella più in evidenza per promuovere la band. E’ una vostra scelta dichiarata, oppure all’interno della band tutti i membri rivestono la stessa ed equa importanza, sia come immagine che come contributo nella scrittura dei brani?
Decisamente tutti i membri hanno la stessa importanza. Il fatto che Sara sia di sesso femminile non cambia assolutamente le carte in tavola. E’ una musicista, così come lo sono gli altri membri del gruppo. Crediamo nell’uguaglianza. Ognuno di noi porta qualcosa di estremamente personale all’interno del progetto, la nostra è una collaborazione su vari piani.
Nei vostri live cercate sempre di mantenere un cospicuo alone di mistero, accompagnato da poche luci e molto dosate, tendenti al rosso scarlatto, un colore ed un aggettivo che, volente o nolente, vi ha accompagnati durante il vostro percorso, nella ricerca a volte ossessiva di una catalogazione della vostra proposta. Oltre a queste luci calde, vi esibite accompagnati da piccoli e misteriosi candelabri, dove le fiammelle ardono nella loro semplicità e naturalezza. Anche nella promozione di ‘Feast for Water’, che tratta il tema dell’Acqua, continuerete a mostrarvi al pubblico con la stessa veste, o avete in mente delle visioni sceniche che ricordano maggiormente l’elemento liquido?
Il nostro non è uno spettacolo, non è un ‘rock-show’ per così dire, anche se il nostro approccio e i nostri mezzi sono simili. Accendere dei ceri, bruciare dell’incenso e mantenere un clima più tetro possibile è al pari dell’utilizzo dei nostri strumenti musicali. Continueremo a mostrarci così come abbiamo fatto finora. L’unica differenza rispetto alle date di ‘Belfry’ è la presenza del Fender Rhodes sul palco.
Il vostro doom, come accennato in precedenza, si presenta come un doom molto raffinato, al limite dell’accogliente. Grazie al sound di quest’album, possiamo anche definirlo come un doom “liquido”, volto ad una maggiore scorrevolezza anche nelle parti più pesanti?
Potremmo dire di si. E’ un modo per aprire il genere a più ascoltatori, anche a quelli non dediti ai generi estremi.
Guardandovi all’interno, pensate che i Messa siano un gruppo che emana positività o negatività? E guardando verso l’esterno, che tipo di audience e di stati d’animo avete affrontato?
Non lo sappiamo, a dire il vero. Secondo noi, se l’energia (positiva o negativa che sia) riesce ad essere veicolata e incanalata nella giusta maniera, tutto è possibile. Diventa una materializzazione nata da quattro entità diverse. Riguardo l’audience e gli stati d’animo, sicuramente abbiamo vissuto situazioni diverse. Siamo esseri umani, ognuno di noi si porta dietro le proprie emozioni e il proprio vissuto. Finora la maggior parte delle reazioni del pubblico sono state positive, e questo ci fa molto piacere.
Da ultimo, provate a convincere dapprima un fans molto dedito al doom classico, e in seconda battuta un avventore che approccia altri stili ma che non ha mai affrontato le vostre sonorità, ad ascoltare la vostra proposta ed a comprare il vostro album.
Sicuramente non proveremmo a convincere qualcuno ad ascoltare noi, quantopiù cercheremmo di convincerlo ad ascoltare le cose che ci hanno ispirato a produrre e creare ciò che abbiamo fatto finora. Per esempio, consigliamo l’ascolto di Morphine, Bohren Und Der Club Of Gore, Urfaust, Herbie Hancock, Bellwitch, Devil’s Blood. Buon ascolto!
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