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ENEMYNSIDE

Nella recensione ho esordito parlando dei vostri esordi: precisamente è un riferimento alla vostra apparizione su PSYCHO! Magazine, su quelle bellissime compilation che Francesco Pascoletti faceva con il suo staff. Che ricordi avete di quei tempi? Rimpiangete qualcosa a livello di come andavano le cose? Si, un po' si. Diciamo che all’epoca c'era meno concorrenza, le riviste operavano una “scrematura” sulle proposte musicali che adesso con internet non viene più fatta. Ora c’è posto per tutti, anche per chi non ha nulla da dire e che prima di internet sarebbe rimasto a suonare in sala prove e avrebbe tenuto a casa le registrazioni facendole sentire a pochi intimi. Con il web sono diventati tutti malati di protagonismo e c’è un mare magnum di roba che non fa altro che confondere l’ascoltatore. Penso sia uno dei motivi per cui i grandi del passato godono di un seguito sempre più forte e di uno status leggendario, perché funzionano come punto di riferimento in mezzo ad un’offerta di bands e proposte spesso caotica, che disorienta e non sempre all’altezza della situazione. C'è un motivo secondo cui col passare del tempo avete abbandonato la furia dei vecchi dischi, per lasciare spazio a più groove, melodia e riff molto più ragionati? I motivi sono diversi. Primo fra tutti il discorso live. Abbiamo suonato per anni a 200 all’ora in qualsiasi buco di culo adibito a locale, sia in Italia che all'estero. L’acustica dei posti spesso deficitaria però rendeva alle nostre orecchie tutto piuttosto piatto. In fase compositiva lavoravamo molto sulla ricerca del riffing e dell’arrangiamento, lavoro che spesso però dal vivo veniva compromesso da condizioni acustiche inadeguate o fonici improvvisati. Quello che invece rendeva quasi sempre bene erano i pezzi più cadenzati e “cicciotti”. Di conseguenza piano piano ci siamo spostati in quella direzione come songwriting in modo da rendere la nostra proposta più immediata dal vivo a prescindere dalle condizioni e da quanta gente conosca o meno i pezzi proposti di volta in volta. Per quanto riguarda la melodia credo ci sia sempre stata fin dagli inizi, il nostro thrash è sempre stato più figlio della scuola americana che di quella tedesca. Personalmente ho perso di vista gli ultimi anni degli Enemynside: potreste aggiornarmi sul come si è mossa la band sul fronte line-up studio/dal vivo? Ci sono stati dei problemi notevoli? Dipende che intendi per ultimi anni, ma comunque si, ci sono stati notevoli cambiamenti: nel 2006 Frallo decise di volersi dedicare solo alla voce (all’interno degli Enemy, in altri progetti ha continuato e continua ad essere anche chitarrista), ciò ha portato la band a diventare un quintetto con l’ingresso di un secondo chitarrista ad affiancarmi. Per tre anni abbiamo avuto Dave all’altra chitarra (ex-Rainspawn e ora StickItOut) e con quella formazione abbiamo promosso il disco "In The Middle Of Nowhere" sia in Italia che suonando diverse volte anche in Scandinavia. A Dave subentrò De Honestis nel 2010 il quale ha contribuito registrando i suoi soli sul nuovo “Whatever Comes”. Dopo le registrazioni del cd ci fu un altro cambio di line-up bello consistente visto che i "veterani" Suez e Nyk (il primo bassista nella band dal 2004 e il secondo drummer dal 2005) hanno lasciato il gruppo a registrazioni ultimate. Siamo così tornati ad essere in quattro; Frallo si è caricato del ruolo di bassista/cantante e alla batteria per 6 mesi circa abbiamo avuto Valerio Lucantoni (già batterista dei disciolti Notanumber insieme a De Honestis) con il quale abbiamo registrato il video di Withering e suonato in U.S.A. lo scorso Gennaio. Ora alla batteria c’è Danilo Menna e speriamo che la line-up sia nuovamente solida come un tempo! Il vostro disco nuovo vanta una notevole partecipazione: in che modo siete entrato in contatto con Kotzen e come mai non avete pensato di ampliare la sua presenza in più brani o comunque in un altro modo? L’agenzia con la quale Kotzen girava in tour in Europa era quella per cui lavorava Suez. Nel 2009 grazie a Suez ho avuto modo di lavorare anche io al tour di Kotzen e di conoscerlo anche piuttosto bene (relativamente al mese e mezzo passato insieme chiaramente). Così durante le registrazione del nuovo disco ci venne l’idea di coinvolgerlo all’interno di una song e scegliemmo "Too Many Times". Gli inviammo un rough mix del pezzo e lui ci mise pochissimo a registrare il solo e a mandarcelo indietro. Il suo stile è particolare e abbiamo pensato che l’unica song dell’album alla quale poteva adattarsi fosse "Too Many Times". Questo è il motivo per cui la collaborazione si è limitata solo a questo pezzo. Sembra che ogni tanto faccia capolino qua e là nel disco, come una presenza di un certo filo comune che tiene legati i brani: avete pensato ad una sorta di concept o ... nulla di tutto questo? Il concept è a livello testuale: quello che rappresenta la copertina è ciò che viene affrontato in gran parte dei testi del disco! In che modo, dal disco d'esordio in poi, i vostri lavori sono stati accolti all'estero e quanto avete suonato aldifuori dell'Italia per promuovere i vostri cd? Le recensioni sono sempre state ottime e i responsi live sempre positivi. Alcuni dei nostri migliori live di sempre per esempio li abbiamo fatti in Svezia (di un festival a Kristianstad ci sono un paio di estratti anche su YouTube) e in generale da quelle parti il pubblico è molto ricettivo, motivo per cui abbiamo deciso di firmare per un’etichetta danese. Ma anche nell’Europa dell’est, dove facemmo qualche live per promuovere il primo album c’è molto movimento e molto interesse. Insomma più un gruppo riesce a muoversi oltre i confini italiani e meglio è! Visto questo notevole e piacevole cambiamento nella vostra proposta, pensate ci possano essere ulteriori cambiamenti in futuro o avete l'impressione come d'aver trovato una certa "pace dei sensi"? Il nostro sound è in continua evoluzione perché noi siamo persone in continua evoluzione e abbiamo scelto di tracciare questo percorso in musica. Non ce ne frega niente se in Germania scrivono che con il nostro ultimo disco abbiamo abbandonato il sound thrash degli esordi per abbracciare un suono più moderno e alla "moda". Il nostro suono non è mai stato statico o volutamente nostalgico, poi se qualcuno ci ascoltava solo perché rientravamo nel “calderone” delle bands thrash il problema è solo ed esclusivamente loro. Come vedete ad oggi il metal a Roma? Avete iniziato con un altro monicker nel '94...Non pensate che le cose stiano andando un po in rovina o siete più ottimisti? Abbiamo visto centinaia di bands nascere e morire in questi anni e la scena di adesso a parte un paio di gruppi è completamente cambiata rispetto a quei tempi. Il livello medio si è alzato e alcune bands hanno raggiunto anche notevoli risultati andando a suonare spesso anche all’estero o firmando contratti prestigiosi. Il problema a Roma (e non solo) è sempre stata la mentalità provinciale di gran parte degli addetti ai lavori e della gente. Da questo punto di vista non vedo grossi miglioramenti per il futuro anche perché oltretutto il mercato musicale è peggiorato progressivamente rispetto a quando iniziammo, girano quindi ancora meno soldi di prima e di conseguenza è più difficile fare tutto, dalle registrazioni alle date fuori. Ci sono dei brani a cui siete particolarmente legati? E per concludere, ad oggi, pensate manchi ancora qualcosa alla band? Se si cosa? Beh, su quest’ultimo disco ci sono dei pezzi che meglio esprimono l’anima Enemy targata 2012 come "Hiddenself" o "The Cure" per esempio, poi ognuno ha le sue preferenze come per esempio io, per motivi personali, sono particolarmente legato a "Pitch Black", il pezzo di chiusura del disco. Cosa manca a gli Enemy? Bella domanda! Dunque...un tourbus tutto nostro...un contratto con Century Media...un paio di dischi d’oro...mi fermo o continuo con la lista ?

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