DOUG BRONS: Pull
Spiagge bianche, le onde che lentamente accarezzano la battigia mentre il sole tramonta e s'immerge nel mare a vista d'occhio sconfinato. Qualcuno ancora passeggia lungo la riva. L'aria si è fatta tersa, il cielo striato di colori caldi ed avvolgenti. Alte palme proiettano le loro lunghe ombre sulle strade dorate del giorno che sta per finire. Tra un cocktail e l'altro ti vedi seduto al tavolo di un bar, mentre la radio trasmette melodie sognanti che da tempo non ascoltavi, e ritrovi te stesso, quello che sei stato e quello che sei adesso nelle note di...Sunset Boulevard, la nuova rubrica di Hardsounds interamente (o quasi) dedicata alle sonorità West Coast. Pronti a viaggiare?!?
Quante aspettative attorno ad un cantautore, ad un cantastorie! Era il 1976 e il nostro Edoardo Bennato prendeva in giro cantautori, cantastorie e pubblico. Quel mondo è una dimensione a parte: alcuni comunicano con il silenzio ('Closing Time' – Tom Waits), e le connessioni che si creano tra il pubblico ed il compositore sono delle congiunzioni musicali “esclusive”, a volte inspiegabili! Ed è per questo che non mi sento di essere capace di giudicare con voto Doug Brons, artista che si guadagna da vivere lavorando per una concessionaria di auto nell’Oregon, e che utilizza la musica come strumento divino per addolcire la sua quotidianità, intrappolata (come per tutti noi), tra le dinamiche di lavoro, famiglia e passioni personali. ‘Pull’ è il suo terzo progetto musicale, prodotto dalla Escape Music (da pochi mesi autoprodotto e presentato sui canali digitali come ‘Audio 1985’). Fronte corrugata, il cantante e tastierista si presenta al pubblico in più video musicali con mani giunte, gesticolando molto e guardando spesso il cielo. Voce intimista alla Paul Young, ma più sofferente, roca, portatrice di toni bassi. La Chiesa come un palco: ha sempre cantato in edificio “dedicato”, sin da ragazzino. E con il fratello maggiore formò la prima band. Apripista per artisti di musica cristiana contemporanea del tempo quali Denny Correll, First Call, John Fischer e Steve Archer, rimane folgorato a vita dalla musica popolare americana risalente agli anni ’60, che trattava temi religiosi e spirituali con stile più pop rispetto al gospel del sud. Musica che vede la massima produzione discografica nel 1975 con album più soft rock e nel 1985 più tendenti al pop. Artista ibrido, compromesso tra il pop e la CCM: dal primo stile recupera il suono elettronico attualizzandolo e orchestrandolo, mentre dal secondo genere recupera la sua spiritualità. In quegli anni artisti come Paul Clark, Peter Carlson e Roby Duke creavano un morbido sound di musica cristiana west coast, altri invece come The Imperials, e Russ Taff, mischiavano l’elettronica al pop dando vita ad atmosfere più stimolanti, impreziosite da una voce inconfondibile, album come ‘Medals (1985). Doug Brons rielabora tutto questo in chiave contemporanea, avvalendosi di stimati musicisti di sessione, perlopiù conosciuti tramite i social, situazioni che lo hanno portato a conoscere il chitarrista e produttore Tom Hemby (Peter Cetera, Greg X. Volz, Petra, Whitecross, Amy Grant, The Imperials, etc), il batterista e percussionista Dan Needham (Mastedon, Peter Cetera, Amy Grant, Kenny Loggins, etc), il tastierista jazz Pat Coil, il chitarrista e masterizzatore Bill Compeau, il chitarrista e arrangiatore pisano Andrea Di Puccio (Hydra, ArmaGroove, Page 99) e il programmatore musicale Mark Dowdy. Sono interessanti "Look Up", "Don’t Let Go" e "Coming Home". Consiglierei di introdurre ulteriori voci (magari femminili) che già nel precedente lavoro completavano la sua, armonizzandola.
P 2021 - Escaper Music
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