WOODLAND: DREAMALITY
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04/01/2010Non sopporto il folk. O meglio: se fatto sfacciatamente male, mi fa davvero parecchio schifo, perché già di per sé il (chiamiamolo) genere, mi è sempre sembrato quasi come una montatura, una presa in giro. Poi se fatto in modo errato, rischia veramente di essere ascoltato per pochissimi minuti. Ed è il caso dei Woodland, dove certamente ho dovuto ascoltare tutto il lavoro per dare il mio giudizio, ma purtroppo finisce lì, e l’entusiasmo di premere nuovamente play non c’è, come accade spesso in altre occasioni. Il quartetto tedesco sembra davvero gestire bene il tutto, ma si sa che ad oggi ormai non basta saper suonare e mettere in croce qualche accordo e cambio di tempo azzeccato. Anche perché, diciamoci la verità, sono giri e idee che già negli anni ’80, inizi ‘90, cominciò a scrivere una certa persona di origini svedese, purtroppo scomparso. Immancabile la voce femminile, i cambi più sostenuti con melodie abbastanza sempliciotte per gli standard che di solito si richiedono.
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