TOTO: FALLING IN BETWEEN
data
14/02/2006Riecheggia il mito dei Toto, e finalmente una eco all'altezza della fama del periodo ottantiano che li consacrò come una delle band di riferimento del rock melodico. Freschi di contratto con la Frontiers(che dopo i Journey, tra breve i Survivor, ora i Toto ha praticamente assoldato un fantastico trittico che ha fatto letteralmente sognare le generazioni passate scrivendo pagine di enorme bellezza nel libro di storia della scena melodica e non solo), la band americana torna in corsa con un disco inaspettatamente coinvolgente, moderno, che fa a meno degli allori spingendosi oltre il consueto marchio di fabbrica pur sempre, comuqnue, evidente. "Falling In Between" è un disco che ha molte cose da dire, e per questo un disco da ascoltare più volte per cogliere tutte le sfumature, brano dopo brano, che completano un lavoro di classe che definire cristallina è alquanto riduttivo. Questo senza mai perdere di vista una orecchiabilità immediata, fascinosa, che l'espressività di Bobby Kimball amplifica con la sua tipica partecipazione a metà strada tra vocalizzi grintosi ed altri anima e core. Nessun riciclaggio, quindi, e lavoro assai vario che fa della title track una ispiritatissima song che definire prog non è un azzardo; che fa di "Dying On My Feet" probabilmente il brano migliore, sostenuto da un un tempo dilatato che apre le porte alla sezione fiati dei Chicago consegnadoci un incredibile finale; che fa di "Bottom Of Your Soul" e "Spirtual Man" due ballad intense che risentono delle sempre presenti influenze etniche dalle forti tinte africane. Una varietà di contenuti che si abbina ad una sorpredente voglia di rimettersi in gioco, di dare sfogo al proprio talento in tutta libertà senza l'ombra pesante di dover più dimostrare qualcosa, o dover fa guadagnare a sproposito qualcuno(vero, carissime major?). Della partita, oltre ai membri classici per eccellenza quali Lukather-Paich, orma veri e propri santoni di categoria e in gran spolvero in "FIB", spiccano Simon "cosa volete che vi suoni" Phillips, ormai entrato a far parte della famiglia e come sempre un mostro dietro al drum-kit(si narra che le pelli non ne abbiamo mai abbastanza delle sua maestria), Greg Phillinganes, seconda tastiera, noto ai più per le sue collaborazioni con diversi altri artisti di grosso calibro, e una dose massiccia di ospiti del calibro di Ian Anderson("Hooked"), Joseph William, il redivivo e mai lontano dalla band Steve Porcaro. Tanti tasselli preziosi che fanno di questo come-back un must, non un capolavoro nel senso lettarale del termine, ma un disco assai importante sia per qualità espressa, sia perchè potrebbe dar vita ad un interesse maggiore ad una scena melodica che cresce tanto dentro i propri confini, ma che riesce a fatica a farsi apprezzare fuori. Che sia la volta buona?
Commenti