TOMAHAWK: Tonic Immobility
data
07/05/2021Quando parliamo dei Tomahawk, parliamo di una delle tante splendide creature che riportano sempre a quell’istrione di Mike Patton, capace di passare dal grindcore alle cover di musica italiana anni ’50. Gli altri della band sono comunque dei colossi ben noti nel panorama musicale “alternativo” degli ultimi trent’anni: a cominciare da Duane Denison, chitarrista dei Jesus Lizard, la cui influenza si sente e pervade tutto il disco. Ma qui abbiamo pure Trevor Dunn, bassista che ha seguito Patton anche nei Phantomas e nei Mr. Bungle e John Steiner, ex batterista di altre due band colossali come Helmet e Battles. Con un simile curriculum mi aspettavo un disco eccellente, e infatti le mie attese non sono andate deluse. Si tratta di un graditissimo disco, il quinto, a otto anni dal precedente ‘Oddfellows’. E’ un po’ il lavoro che avrebbero potuto fare se non si fossero sciolti i Jesus Lizard: la voce di David Sims era diversa e particolare, ma Mike Patton è un cantante indiscutibilmente capace di cantare di tutto e di più, con grande personalità e maestria. L’influenza della band noise di Chicago riguarda non solo la chitarra schizoide di Denison, ma anche le linee di basso e batteria: quasi mai lineari, e invece ricche di continui cambi di tempo, di stop-and-go spesso imprevedibili. Bellissimo il brano di apertura “SHHH!”: dal titolo sembrerebbe indurre al silenzio, e infatti presenta strofe quasi sussurrate da pennellate morbide della chitarra di Denison, ma poi il brano esplode violentemente nel ritornello. Altri brani lizardiani sono “Doomsday Fatigue”, “Business Casual” (primo singolo) e “Tattoo Zero”, il cui titolo proprio oggi rappresenta una chimera, visto che è difficile trovare una persona senza tatuaggio, con tutti i “presunti” anticonformisti che ci sono in giro! "Predator" è poi un brano in cui idealmente i consueti Jesus Lizard incontrano i monumentali Voivod: eccellente mix. Ancora degne di nota sono, infine, “Recoil” ( forse l’unico brano più lineare e con un ritornello abbastanza orecchiabile) e “Sidewinder”; quest’ultima comincia lenta e poi Denison si lancia in un riff monocorde assimilabile a una sirena inquietante. Insomma, possiamo certamente parlare di un signor disco, una summa della loro produzione passata, arrangiata sempre in maniera splendida e moderna.
Commenti