TO DIE FOR: JADED
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30/10/2003Terzo capitolo e grosso passo in avanti per il combo scandinavo. Le coordinate stilistiche ed il mood generale sono rimasti inalterati, cioè muri sonori costruiti dalle chitarre, fascinose melodie dark-pop che rievocano il bel tempo che fu(gli eighties), la voce di Peratalo che continua a cibarsi di canto "pulito" e cavernoso ispirato dallo stesso movimento dark-wave '80 cui l'intera formazione musicale dei nostri sembra perennemente ispirarsi, ed il tappeto malinconico e romantico allo stesso tempo di sottofondo che si respira in ogni canzone che rende ben chiara la chiave di lettura umorale dell'intera opera. Ma ciò che impressiona e fa assolutamente piacere notare ed ascoltare(e godere) è il modo in cui la band esprime il proprio disagio interiore(come negli altri due album sempre espresso attraverso ideali di morte ed amore), attraccando la materia che ben conosce ad un porto meno sicuro(per l'ascoltatore medio), sorretto da una predominanza di tastiere ed elettronica che più di una volta rendono alcune parti di brani "ballabili", e da un'ugola che spesso e volentieri si lascia filtrare e modulare tanto da rendere il cantato sintetico. Queste sostanziali (ed importanti) variazioni potrebbero indurre a pensare ad una svolta più fredda o commerciale, ma è ipotesi che viene subitaneamente scacciata dall'intensità emotiva e dalla passione con cui vengono interpretate le canzoni. A testimoniare a favore di questi tesi c'è la bellissima cover di "(I Just) Died In Your Arms" dei Cutting Crew(a tal proposito vi consiglio di recuperate il loro "Broadcast" dell'86, disco che contiene la song in oggetto e che rappresenta a mio modesto giudizio uno dei vertici assoluti del rock-pop di sempre), che sembra figlia carnale, partorita ed allevata poi con amore dalla band: quando si narra della Musica che non ha tempo. La bellezza di "Jaded" non confina solo con questo gradito omaggio, anzi, la si incontra lungo tutta la sua durata: l'impronta delicata e sognante lasciata da "The Unknown II" in mezzo al petto è di quelle non cancellabili né dal tempo, né dagli eventi; "Too Much Ain't Enough" farà muovere masse di corpi di emaciati dark e fragili vampirelle, riportando in auge tempi che molti non hanno avuto la fortuna di vivere per giovane identità anagrafica, ma con una freschezza esecutiva inebriante. Non mancano episodi più diretti ed heavy, giusta congiunzione con i passati lavori nonché ottima scelta che completa univocamente i "differenti" temi musicali, come l'opener "Dying Embers", la rude "Forever", e la title track che abbraccia in contemporanea sia il nuovo che il vecchio corso. In definitiva, un lavoro che mostra una band ormai matura, che sa guardarsi indietro senza scadere nella nostalgia attualizzando sonorità comunque mai sepolte(ottima anche la produzione, cristallina e pomposa), che potrebbe mettere a dura prova i giudizi di quella solita pletora di ignoranti che continua ad etichettarli come cloni degli Him, che sa parlare al cuore, e che riesce a nutrire lo stato di apatica malinconia di quelle anime derelitte in perenne ricerca di un posto dove fermarsi(per sempre) e ritrovare la pace.
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