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SANCTUARY: INTO THE MIRROR BLACK

data

19/02/2006
79


Genere: Heavy Metal
Etichetta: CBS Records
Anno: 1990

Balzata agli onori delle cronache solo in un secondo momento, a seguito del successo ottenuto dai Nevermore, la prima band di Warrel Dane e Jim Sheppard, formatasi a Seattle negli anni ottanta, ha dato vita ad un paio di release da prendere seriamente in considerazione. Se “Refuge Denied” era più di una semplice promessa, questo “Into The Mirror Black” rappresenta una proposta già matura e convincente, figlia diretta di una scuola heavy metal di chiara matrice americana riconducibile a gruppi come i Metal Church o i primi Savatage, a cui si aggiunge quella componente oscura e decadente a cui ci abitueranno in seguito anche i Nevermore. Evitiamo però di accostare troppo le due formazioni che hanno segnato la carriera musicale di Dane e Sheppard, visto che di thrash metal nei Sanctuary non c’è praticamente nulla. È anzi più facile trovarvi tracce evidenti della lezione impartita dai Judas Priest e da tutta la NWOBHM. Non a caso il presente secondo lavoro dei Sanctuary farà la felicità di tutti quei metalheads che amano certe sonorità a metà strada tra il classico metal e il power d’oltre oceano, con delle ritmiche mai eccessivamente tirate ma sempre imperniate su riff rocciosi ed assoli intricati e suadenti. Un plauso anche alla gestione dei momenti più soft, come accade in “Long Since Dark” e “Epitaph”, nei quali i Sanctuary riescono a creare delle atmosfere davvero suggestive. Tra i brani migliori segnaliamo la cupa “Eden Lies Obscured” e “The Mirror Black”, in cui il biondo cantante comincia a dar prova delle sue immense capacità evocative, oltre a sfoggiare un caratteristico falsetto che resterà nel corso degli anni un marchio di fabbrica inconfondibile. Un occhio particolare anche ai testi mai banali e particolarmente carichi di spietato realismo quando si tratta di analizzare una società ormai vittima della propria degenerazione: esplicative a tal proposito “Future Tense” che apre l’album nel migliore dei modi e “One More Murder”, il cui finale pessimistico sembra riportare in vita il “No future for you” dei Pistols.

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