PHIL LANZON: 48 Seconds
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13/12/2019Mi piace pensare a Lanzon come ad un nonno serafico che racconta ai suoi nipotini, con dovizia di particolari, storie di rock’n’roll: gli ultimi 33 anni li ha trascorsi con i veterani Uriah Heep, ma vanta anche un glorioso passato con i Grand Prix (in piena New Wave Of British Heavy Metal), dai quali anche Benie Shaw verrà reclutato per raggiungere gli autori di ‘Salisbury’. Ma torniamo alle cose di Lanzon: già artefice lo scorso anno di un bellissimo album (‘If You Think I’m Crazy’), ci riprova con il nuovo ’48 Seconds’ e riesce anche a far meglio, tratteggiando una scrittura, sopraffina, che vede coinvolti un nugolo di ospiti di tutto rispetto: da John Mitchell (Arena, It Bites e Frost), a Richard Cottle (Charlie, Peter Frampton e John Parr), oltre a tanti altri, ma come non citare il supporto determinante della London Tlefilmonic Orchestra. ’48 Seconds’ commemora il disastroso terremoto di San Francisco del 18 aprile 1906 attraverso un album e delle canzoni emozionali, interpretate meravigliosamente dai vai interpreti, ma è incredibile come ’48 Seconds’ sia profondamente saldo alla tradizione classic rock: "In The Rain", "Look At The Time", "Road To London", "You Can Make A Living" e "48 Seconds" racchiudono il meglio della tradizione della musica rock inglese degli ultimi 50 anni, dai Procol Harum ai The Moody Blues, passando per The Who ed Uriah Heep. L’eccellente produzione è una gioia per le orecchie, il suono che irradia sarà pure old fashioned, ma ascoltare i fiati che rincorrono un Hammond, che a sua volta battaglia per reggere il confronto con un’intera orchestra è un regalo che solo un fine compositore come Lanzon poteva offrire. Un modo migliore per salutare quest’annata musicalmente intensa non poteva esserci.
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