OUR OCEANS: Right Here, Right Now
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17/10/2025Sviluppano “consapevolezza” al terzo album. Si ascoltano, non si giudicano, si accolgono e si liberano degli schemi del progressive, ospitando sempre più il cantautorato con scritture ermetiche. Si allontanano dalla comfort zone del secondo album ‘While Time Disappears’, seppur concedendosi piccoli rimandi alla loro stessa evoluzione, e inserendo nuovi impulsi boderline. Our Oceans è un trio olandese guidato alla base da un progetto di suono ricercato, dal carattere intenso, flambè! Chitarra brillante, basso dalla ricchezza armonica, una batteria plurimicrofonata che mette in luce lo spazio tra le note: ne definiscono le coordinate. Il debutto omonimo mi è risultato monotematico, dalla temperatura univoca. L’evoluzione è avvenuta nel secondo disco, più cupo ed arrabbiato e con un linguaggio simil Pain Of Salvation. In questo terzo progetto sono alla ricerca di creare un’impronta più edificante, meno ricca di sintesi di linguaggi. Ne è un esempio la traccia pop “Drifting In The Drops” dagli impulsi da Jordan Rakei (cantante neozelandese). “Goldon Rain” e “Abloom”, collegate musicalmente fra loro, aprono e chiudono l’album. I primi quindici secondi di “Lost In Blue” racchiudono la “bellezza della cura del suono”; il cantato suggestivo di Tymon Kruidenier (Cynic, Exivious) ne sigilla il valore. “Leave Me Be”, la traccia più tetra dell’album ha l’effetto del lancio di un sasso in uno stagno: anche se tutto sembra fermo, il suono riverbera in onde concentriche, ed innesca un effetto di rumore e di malessere chitarristico a catena. “Untamed” gioca con il prog metal. “Just Like You” è liquefazione fusion, affiatamento tra voce e strumenti. “Sun Stained Waters” è coalizione sonora a produrre melodia sirenica, anche senza l’uso di tastiere. “If Only” con il contributo vocale della giovane voce di Evvie, insegna loro ad essere più diretti e chiari emotivamente. La parola sussurrata, appiccicata al microfono, sollecita il mio pensiero allo spoken word di Billie Eilish. Onore a loro per avermi ributtato in pochi secondi nel suono iconico di ‘Sleep Dirt’ di Frank Zappa.


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