OBAKE: Mutations
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05/11/2014Seconda release per gli Obake dopo la dipartita di uno dei membri fondatori (Massimo Pupillo - ZU), sostituito magistralmente dall'ex Porcupine Tree Colin Edwin; sotto l'egida di Eraldo Bernocchi danno alle stampe il seguito del disco omonimo targato 2011 che tanto clamore ha suscitato tra carta stampata e webzine di tutto il mondo, tanto che alcune di loro lo hanno definito uno dei migliori dischi dell'anno. Molteplici le influenze che scaturiscono dalla sinergia di questi agitatori del sottobosco underground; le fondamenta sono TOOLiane - "Seven Rotten Globes" e "Seth Light" - e vengono puntualmente minate da una deriva sludge che si palesa attraverso un basso slabbratissimo e perennemente in primo piano, modulandosi anche attraverso il filtro dark ambient di "M"; la reiterata lentezza dei Melvins viene accelerata nelle intenzioni "Second Death Of Foreg" fino a virare su atmosfere ambient proto Popol Vuh. Non manca nemmeno il post grind contaminato sludge di "Trasfiguration" che si trasforma in psichedelia pura nel finale. Obake è una creatura mostruosa, minacciosa e terrificante come il dolore che squarcia la gola del malcapitato in "Thanatos" (rimarchevole la prova del singer), ma non si limita ad intimidire, sa anche ammaliare con le cavalcate interstellari di ambient jazz elettronico di "Burnt Down", e la new wave intellettualoide stile Japan impreziosita dall'ugola di Lorenzo Esposito, novello David Sylvian, che lentamente si trasforma in un crescendo apocalittico in "Infinite Chain"; la produzione volutamente low fi avrebbe potuto dare quel quid in più per sfondare le pareti di chi non vuol accorgersi di questa lucente gemma.
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