NEUROSIS: THE EYE OF EVERY STORM
data
06/07/2004Stento a crederci ma "A Sun That Never Sets" ha avuto un suo degno sucessore, "The Eye of Every Storm" fin dalla iniziale "Burn" si pone come la naturale evoluzione dell'album precedente con una strizzata d'occhio ai lavori solisti di Von Till: dal titolo veniva da pensare che il sole fosse tramontato e che il suo posto venisse preso da una violenta tempesta, ed invece violento è il termine che meno si addice all'ultimo capolavoro targato Neurosis, ma già la copertina in questo senso ci "rassicurava". Stilisticamente non siamo così distanti dal sound che da "Times Of Grace" accompagna il gruppo di San Francisco dove parti arpeggiate lente e sulfuree fanno da contraltare a partiture tribali e ritmiche distorte ma con un utilizzo della voce più ragionato che in passato, Kelly e anche lo stesso Von Till sono migliorati parecchio nell'approccio vocale, sopratutto nelle parti pulite. "The Eye of Every Storm" però, pur con i suoi 68 minuti divisi in 8 pezzi, risulta essere decisamente meno ostico all'ascolto dei lavori precenti, il totale senso di smarrimento che davano i monolitici riff di "Throught Silver In Blood" sono ormai solo un ricordo, le pesanti distorsioni a cui ci avevano abituato vengono dosate con più parsimonia. La prima parte della conclusiva "I Can See You" è una cosa che dai Neurosis non ti aspetti, o meglio non ti aspetti che la melodia venga utilizzata in quel modo così pulito e in un certo senso "puro", quasi privo di quel mood scomposto ed oscuro che da sempre accompagna il gruppo, e proprio qui sta la grandezza di una band che non si è mai adagiata sugli allori e che ha sempre cercato di evolvere la propria arte senza mai voler strafare ma sopratutto senza mai cadere nella sperimentazione fine a sè stessa. L'incedere di "No River to Make Me Home", la sofferenza che si respira nella title track, un pezzo che avrebbe potuto tranquillamente amalgamarsi con "A Sun That Never Sets" assieme alla successiva "Left to Wander", la calma apparente di "A Season in the Sky", gli undici minuti di "Bridges" (uno dei pezzi più belli mai composti dal gruppo), il lavoro perfetto di Steve Albini (entrato ormai in perfetta simbiosi con i Neurosis) dietro alla console sono solo alcuni dei motivi per cui dovete assolutamente far vostro questo lavoro indipendentemente da quali generi siate soliti ascoltare. Per un primo approccio proprio da qui dovete partire, dall'album più "immediato" ma paradossalmente più contaminato.
Commenti