NEBELHEXË: LAGUZ - WITHIN THE LAKE
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15/06/2004Andrea Haugen è un'artista a tutto tondo. Per anni è stata l'artefice e la mente del progetto folk medievale denominato Hagalaz' Runedance ed oggi, a due anni di distanza da "Frigga's Web", si ripresenta al pubblico ripescando il suo acronimo originale ed ampliando il suo campo d'azione musicale. Legata a stilemi cari all'ambito pagano, Andrea torna a rivestire il ruolo di "strega della nebbia" (Nebelhexë) ed a esprimersi in svariate forme artistiche di cui l'album in questione rappresenta solo la componente musicale. Autrice di opere di visual art, di graphic stories, video concepts, Andrea abbina foto, disegni e atti pittorici alla sua musica, nell'atto di tornare alle sue radici, quelle radici legate alla natura, al suo spirito di etereo animale di colore bianco in cui da sempre la poliedrica artista si riconosce (con particolare riguardo nei confronti degli uccelli bianchi e nello specifico nel gufo bianco, uccello fantasma che si invola nelle nebbie). Sarebbe oltremodo riduttivo, in ogni caso, trattare in questa sede gli argomenti legati al complesso ed affascinante mondo di Andrea, quindi chi volesse approfondire può seguire le tracce lasciate dalla medesima a partire dalle dieci canzoni di "Laguz - Within The Lake" e dal booklet a corredo, pregevolmente ricco di stralci dell'opera extra musicale della stessa. Musicalmente il disco in esame propone le sonorità tipiche del progetto precedente di Andrea, attestandosi su sonorità marziali, cadenzate ed ossessive che ripercorrono i sentieri tracciati dalla tradizione folk-medievale nordeuropea. A suggello della volontà di aprirsi ad altre sonorità (da cui il cambio di nome al progetto), Andrea infarcisce le sue opere musicali di suoni alieni al genere medieval-folk, proponendo un approccio musicale molto più elettronico ed orientato a tratti verso sonorità gothic rock (da segnalare la presenza della cover del brano "Bird Song" di Lene Lovich [1980]). Un ritorno alle origini in tutti i sensi, quindi, con una riesumazione delle tipiche ambientazioni cupe ed assillanti degli anni ottanta, inframmiste ai suddetti elementi elettronici che rendono alcuni momenti del disco molto vicini a quelli che furono i primi gemiti della musica industriale. A condire il tutto, un clima in bilico tra sonorità più ruvide e sensazioni ammaliantemente al limite della new age! Menzionare alcune delle canzoni del disco risulta quanto mai difficoltoso data la estrema varietà delle stesse. Estrapolare dei brani, causerebbe, poi lo snaturamento dell'opera completa in se stessa. Un disco, quindi, da ascoltare nella sua interezza e da integrare con le altre forme artistiche di cui Andrea "Nebel" Haugen si rende artefice, al fine di poter entrare in contatto in prima persona con la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco.
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