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MONSTROSITY: IMPERIAL DOOM

data

14/06/2009
90


Genere: Death Metal
Etichetta: Nuclear Blast
Distro:
Anno: 1992

Siete stanchi di sta roba? E di quest'altra? Non me lo dite, anche loro vi hanno scocciato, giusto? Per non parlare di questi altri fenomeni... Se la risposta, come auspico, è si per tutte le domande, allora dovrete affidarvi - ancora una volta - al passato per dimenticare, sia pure per una mezz'oretta scarsa, tutta la melma mediocre (ma dalla produzione miliardaria) che oggi definiamo mainstream. Ve lo ricordate quando con l'estremo si faceva sul serio? Ricordate la Florida, i Morrisound studios, i primi anni '90, le band che sfornavano dai sette ai dieci dischi-capolavoro ogni anno? Ecco, parlo proprio di quello. Mentre Chris Barnes ruggiva in faccia ai censori moralisti con i dreadlock lontani parecchie miglia, il suo futuro successore George "Corpsegrinder" Fisher registrava questo capolavoro assoluto del metallo della Morte. Pubblicato quando erano album come 'Legion', 'Blessed Are The Sicks', 'Unquestionable Presence', 'Effigy Of The Forgotten', 'Human' ad agitare le acque, 'Imperial Doom' si presenta come una sorta di mediazione tra le varie voci, con un sound grezzo e violento, di chiara ispirazione floridiana (mamma mia quanto devono essersi ascoltati i Deicide) con una certa inflessione per il technical, senza che però questo aspetto sia preponderante come in alcuni colleghi (leggasi Atheist e Gorguts). Semplificando, potremmo dire che i Monstrosity si rivolgono a quel pubblico profondamente legato alla sana, marcia e violenta vecchia scuola ma che contemporaneamente non disdegna lo spunto tecnico non eccessivo, fine a se stesso. I blast beat dell'opener title track sono il preludio di una miriade di riff assassini e psicotici, dai tempi cangianti e arricchiti da fraseggi elaborati, ora cadenzati e catacombali come nella morbidangeliana "Ceremonial Void", ora violenti come in "Immense Malignancy" e la successiva e nevrotica "Vicious Mental Thirst", impreziosita da un assolo di basso e dalla partecipazione del vocalist Frank Mullen (Suffocation). Il resto dell'album procede lungo la medesima direzione, fino ai nervosismi della conclusiva "Final Cremation". C'è poco altro da aggiungere qui, ripassate questo pezzo di storia, preludio di tante beltà da parte dei floridiani.

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