MEGADETH: PEACE SELLS... BUT WHO'S BUYING?
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11/10/2003Era il 1986, ed in contemporanea a “Master Of Puppets” dei Metallica, “Reign In Blood” degli Stayer e “Among The Living” degli Anthrax, arrivava dagli States anche il secondo lavoro dei Megadeth, “Peace Sells… But Who’s Buying?” che con gli album appena citati andava a costituire il poker d’oro del thrash anni 80. Grande passo in avanti rispetto al precedente “Killing Is My Business…” (album discreto, ma ancora immaturo e poco personale), il secondo nato dalla mente di Dave Mustaine è un album fresco, dinamico e coinvolgente dalla prima all’ultima nota, nel quale la qualità di ogni singola canzone poggia su standard elevatissimi. Un’ulteriore citazione di riguardo va alla produzione del disco, davvero ottima (lo zampino di Randy Burns si sente eccome) che, nonostante la nitidezza dei suoni, lascia inalterato e pienamente efficace l’impatto grezzo del Megadeth sound. La partenza è affidata a “Wake up dead”, che con una serie di ritmiche azzeccate ci introduce a quello che dopo più di quindici anni dalla prima uscita sarà ancora considerato come un album fondamentale per il metal in generale e per il thrash in particolare. Anche in “The Conjuring” i Megadeth dimostrano di saper picchiare con classe, ma il primo vero hit arriva con la title track, da sempre una delle canzoni inno della band. Il giro di basso introduttivo di Ellefson, storico a dir poco, è presto affiancato da chitarre monolitiche e da un testo carico di graffiante ironia. Poi un’accelerazione finale da brivido, con un Gar Samuelson che martella festoso la propria doppia cassa. “Devil’s Island” è un’altra piccola gemma incastonata in quest’album, nella quale le chitarre di Mustaine e di Chris Poland si rincorrono scambiandosi fiumi di ritmiche e assoli mai banali. Intensa e inquietante la prima, movimentata la seconda, la coppia “Good Morning” –“ Black Friday” ci mostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la straordinaria vena creativa che Mustaine & Soci erano in grado di sviluppare. Sono trascorsi circa 25 minuti, ma se l’ascoltatore pensa di poter tirare il fiato si sbaglia, perché “Bad Omen”, dopo un avvio più “tranquillo”, si trasforma in una tipica e velocissima aggressione di puro thrash metal. Prima del gran finale, ascoltiamo “I Ain’t Superstitious”, cover del brano rock che Willie Dixon aveva composto nel 1963. Divertente, perché metal vuol dire anche divertimento. A chiudere l’album, la canzone che, a mio avviso, è il vero capolavoro assoluto dei Megadeth, “My Last Words”, il cui testo ci porta direttamente al centro dei pensieri di un partecipante al “gioco” della roulette russa. Agghiaccianti le parole, indiavolata la musica, grazie anche ad un finale che lascia senza fiato per intensità e coinvolgimento emotivo, con un MegaDave che sembra rivolgersi a noi per chiederci se vogliamo giocare (la versione più sottile del “Do you wanna die?” urlato da Tom Araya in “Postmortem”)! “Peace sells…” dura circa 36 minuti, nei quali è concentrata l’essenza del thrash metal made in bay area di metà anni ottanta. Solo con “Rust In Peace” i Megadeth sono riusciti ad eguagliarne il valore, poi c’è stato un lento declino, tra album di alterna fortuna (più che buono “Countdown To Extinction”, inconcludente l’ultimo “Risk”), fino al recente scioglimento dovuto, pare, a problemi fisici dell’incontrastato leader Dave Mustaine. Un peccato davvero.
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