MASTERS OF LUXURY: WELCOME TO OPULENCE
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10/01/2008C'era un tempo in cui la parola crossover indicava l'unione in musica, di tradizioni e stili diversi, spesso molto distanti, fino al momento di espansione massima del movimento (che segue la curva artistica dei Mr. Bungle) e la relativa crisi del movimento, diluito in mille rivoli e in pasto ad MTV. Oggi l'unica forma possibile di crossover sono i vari Dillinger Escape Plan, Ephel Duath, Mastodon, Kelhaul e Baroness, tanto per fare degli esempi; questi propongono (in modo molto diverso e con risultati diversi) dei miscugli musicali musicalmente anarchici (quanto precisi e curati). I MOL si inseriscono proprio in questo grande filone, che attualmente vive una fase di splendore, e propongono una loro sintesi, a mio avviso molto accattivante, di sonorità metalliche e hard rock, con sfumature straordinariamente cangianti, che in modo irregolare e apparentemente folle spaziano dallo stoner leggero (vedi "Six"), allo sludge al math rock(vedi "Ten", che in certi tratti sembra tornare alle origini del "genere", ai primi Shellac o ai Don Caballero dell'esordio), senza trascurare rare incursioni melodiche e di rock più canonico e "terreno" (se così si può dire dei refrain della irregolarissima "Three", sospesa, tra le altre cose tra richiami ai King Crimson disciplinati e a Frank Zappa). Il nome della band è una doppia citazione, dei Black Sabbath (per via del loro terzo album) e dello stesso tempo dei desertici Masters Of Reality, ed è proprio a questi che il suono dei MOL sembra riferirsi, specialmente nell'apertura del disco, in "Nine", che imprevedibilmente intraprende un cammino progressivo, in cui si salta con disinvoltura dal rock torbido all'hardcore e allo stoner degli innovatori Karma To Burn, tra l'altro tributati anche nella scelta di intitolare tutti i brani con dei numeri. Lo scream è soffocato e poco tecnico, ce la mette tutta per essere il più possibile comunicativo ed emotivo, cercando di superare certi limiti della scena (che spesso ha visto cantanti scadenti e monotoni) talvolta con qualche ricorso a parti pulite e allo spoken, come avviene in "Five",uno degli episodi più estremi e cangianti, tra schizzi quasi death e divagazioni psichedeliche. Un album denso, grezzo, oscuro e intenso, per una band tecnica e consapevole della sua tecnica, e che decide di utilizzarla in modo simpatico e sempre molto originale.
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