LYNCH MOB: Brotherhood
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25/10/2017'Brotherhood' mette definitivamente fine all'esistenza attuale dei Dokken, ormai "risorti" solo grazie a laute ricompense nipponiche che hanno indotto lo stesso Lynch a ritornare nella band (nonostante il totale e storico non rapporto con Don). Sta di fatto, però, che i Lynch Mob proseguono sulla loro strada e sfornano il nuovo album, un lavoro straordinario di hard rock a stelle e strisce, assoggettato al blues ed al southern e ad una sciamanica sensazione di fondo che governa tutti i brani. Fin dalla bellissima foto di copertina si intuisce come il gruppo abbia le idee ben chiare su dove indirizzare il nuovo materiale, find dentro le radici del sud, ma senza mai perdere di vista l'identità melodica e stradaiola che aveva carettirizzato in particolare l'inzio carriera della creatura di Geroge Lynch dopo l'uscita dai Dokken. Allora ecco che La Fratellanza (un titolo semplice, in odore di retorica, ma che ne vale mille altri uguali che puzzano di lagnanze varie...), si manifesta in tutta la sua intensità con un uno-due inziale da farti tremare le gambe: "Main Offender" e "Mr. Jekyll & Hyde" sono un coacervo di sudore, lacrime ed elettricità di livello superiore. L'intero 'Brotherhood, però, non lascia scampo, anche quando in un paio di momenti la tensione emotiva scende perchè in quel caso sale in cattedra Lynch con la sua sei corde - l'assolo in "Black Heart Days" vale da solo l'acquisto del disco - oppure Oni Logan - più in forma ed espressivo che mai - il quale con la sua ugola non si lascia indietro nulla, riempendo spazi e pause come un vero e proprio strumento aggiunto. La sezione ritmica non è da meno, potente e diretta tanto quanto articolata e fantasiosa, segno che l'alchimia che si è instaurata nei Lynch Mob funziona a dovere. Tutte virtù e qualità che concorrono a rendere 'Brotherhood' un album di carattere, con gli attributi, che brano dopo brano ti spella le mani e ti cura i calli al culo. Dritto nella Top Ten personale di fine anno di sicuro.
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