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LEE VAN CLEEF: Holy Smoke

data

14/11/2016
85


Genere: Heavy Psych
Etichetta: White Dwarf
Distro:
Anno: 2016

Esordio con il botto per i partenopei Lee Van Cleef, power trio di giovanissima fondazione che ha dato alle stampe il primo LP, 'Holy Smoke', sotto l'egida della tedesca White Dwarf. Il progetto prende vita solo a fine 2015 come una jam band composta da tre amici accomunati dalla passione per l'heavy psych che per diletto si incontrano in fumose sale prova per dare sfogo alla propria creatività senza freni o limiti di sorta. Ciò che ne esce fuori è un progetto molto interessante per una serie di motivi. In primo luogo il sound; benchè sia ritornato in auge la proposizione di questo tipo di sound anche in Europa e nel nostro belpaese, i Lee Van Cleef possono vantarsi di essere il solo gruppo (o quantomeno uno dei pochissimi) che porta avanti un discorso del genere in una città come Napoli. In secondo luogo, per il fatto di saperlo fare in modo convincente, confezionando un lavoro ben suonato, coinvolgente e ben prodotto anche dal punto di vista della qualità delle registrazioni. Ascoltando questi circa 40 minuti di delirio cosmico è agevole individuare le influenze del trio; c'è tutta la pachidermica pesantezza del doom settantiano che incede a grandi passi, c'è tanta narcotizzante psichedelia che sfocia in derive cosmiche di matrice krautrock, che pesca a piene mani da gruppi quali Sleep, Earth, Eartless e affini, ma che strizza l'occhio anche a gruppi stoner/doom quali Electric Wizard, specie nel mastodontico e ripetitivo riff di "Heckle Yuppies". L'atmosfera si fa più rarefatta già al secondo pezzo, "Banshee"  sancisce il netto distacco dalla realtà preferendo le atmosfere cosmiche rese magistralmente dal chorus e dal delay della sei corde di Marco Adamo che si intreccia e doppia i lenti e cupi passaggi del basso di Pietro La Tegola. Risonanze acide di wha-wha abbondano all'interno del sound caldo e saturo che non perde mai la sua cupezza ed il suo stampo heavy-doom che viene rappresentato appieno in "Hell Malo", vera perla del disco dal sapore Sabbathiano costruita su un buon riff la cui sonorità ricorda gruppi quali Brimstone Coven e gli italiani Arcana 13. Se le sonorità stoner e psichedeliche in genere vengono associate a paesaggi desertici o a scenari western, come suggerisce il moniker stesso, in questo caso siamo al cospetto di un disco difficilmente inquadrabile in cui le atmosfere calde e desertiche si fondono con quelle astrali e più "fredde", dove alla distorsione più satura e calda fa da contrappunto la sonorità più cristallina, a tratti liquida come in "Mahana",  di una chitarra che sembra voler irretire l'ascoltatore al totale abbandono dei sensi. Ed è proprio questo lo scopo ultimo perseguito dal terzetto partenopeo con questo 'Holy Smoke', aprire quelle che Huxley chiamava "le porte della percezione", creare con l'ausilio della musica un rituale mistico che rimanda a quelli compiuti dai nativi americani con l'ausilio del Fumo Sacro. Al termine dell'ascolto possiamo dire con certezza che lo scopo è raggiunto e che questo gruppo non ha da invidiare nulla ai nomi altisonanti della scena internazionale e che, proseguendo su questa scia ha tutte le carte in regola per diventare una delle più grandi realtà musicali di questa città. A quanto pare, è già sulla buona strada...

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